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Basta con l'America First. Porte aperte ai migranti

Via il Muslim Ban e il muro con il Messico: e chi arriva in Usa può restare. 17mila già in marcia

Basta con l'America First. Porte aperte ai migranti

Dall'«America First» ai «migranti prima di tutto» il passo è stato assai breve. A neanche 12 ore dall'addio di Donald Trump alla Casa Bianca Joe Biden aveva già ripristinato le priorità progressiste. E per farlo non ha esitato a sottoscrivere ben sei decreti esecutivi studiati per far piazza pulita di controlli e restrizioni su immigrazione legale e illegale imposti dal proprio predecessore. Una fretta comparabile solo alla smania, altrettanto progressista, con cui, qui in Italia, il governo giallorosso di Conte e compagnia ha riaperto i porti, cancellato i decreti sicurezza e salutato l'arrivo di decine di migliaia di clandestini. Oltreoceano il vizietto «dem» non sembra destinato a garantire risultati migliori. Mentre il coro dei media elogia e sottolinea la ritrovata umanità di un'America libera dagli influssi «maligni» dell'odiato Trump il nuovo corso mostra già il suo volto. Tra Honduras e Guatemala s'allunga, infatti, una carovana di 7mila disperati decisi a bussare al confine meridionale statunitense per approfittare delle nuove opportunità. Difficile dar loro torto. Se in un paese decimato dalla pandemia, affossato dalla crisi e diviso da una conflittualità senza precedenti il nuovo Presidente dedica ai diritti dei migranti sei dei suoi primi 17 decreti esecutivi allora è facile capire quali siano le priorità della nuova Amministrazione. E diventa assolutamente giustificato illudersi che dietro quella frontiera si celino futuri radiosi e occasioni da non sprecare. A confermarlo contribuiscono i contenuti dei decreti con cui Biden ha cancellato i provvedimenti trumpiani. Il più insidioso, quello che imponeva ai richiedenti asilo di attendere nei campi in territorio messicano l'eventuale via libera negli States, è stato eliminato con effetto immediato. Dunque il diritto a restare in America una volta posatoci il primo piede è nuovamente garantito. E con esso la speranza di poter - anche in caso di rifiuto - sottrarsi alla deportazione. Anche perché uno dei sei atti esecutivi pro-migranti firmati da Biden riguarda proprio una moratoria di cento giorni sulle deportazioni oltre frontiera. Da ieri, insomma, nessun migrante pescato ad attraversare illegalmente il confine messicano può venir rispedito al mittente. E lo stesso vale per gli undici milioni di clandestini nascosti tra le pieghe della società americana. Fino a ieri rischiavano l'immediata espulsione. Da domani possono sperare nella clemenza di un Presidente deciso a garantirne la regolarizzazione grazie ad una proposta di legge che regalerà la cittadinanza in otto anni. Ben cinque di meno rispetto ai 13 previsti dalla legge «bipartisan» approvata nel 2013, in piena era Obama, per garantire l'integrazione dei cosiddetti «dreamer» (sognatori). Per i «sognatori» comunque si aprono nuove opportunità anche lungo il confine messicano. A farlo capire contribuisce il decreto esecutivo che affossa definitivamente una delle promesse simbolo dell'era trumpiana ovvero l'impegno a sigillare ermeticamente il confine erigendo muraglie di calcestruzzo e barriere elettroniche capaci di scoraggiare qualsiasi intrusione. E assieme al tanto discusso muro trumpiano diventano reliquie storiche anche le regole del Muslim Ban. Decadono insomma i severi controlli per tutti i viaggiatori provenienti da paesi islamici a rischio terrorismo introdotti, tra accuse di razzismo, all'inizio del precedente mandato. Insomma nonostante pandemia e crisi l'America di Biden regala sogni facili a tutti.

Il difficile è solo crederci.

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