Appena il giorno prima, il portavoce del Cremlino Dmitry Peshkov aveva fatto davanti ai giornalisti i suoi auguri di completa guarigione ad Aleksei Navalny (sempre senza nominarlo, come da ordini superiori) e aveva assicurato che poteva fare ritorno in Russia quando voleva. Parole un po' troppo zuccherose per essere credibili. Ieri infatti il capo dell'unica vera opposizione politica a Vladimir Putin, fresco di dimissioni dall'ospedale Charité di Berlino dove ha passato diciotto giorni in coma in seguito ad avvelenamento da novichok, ha saputo quale sarebbe il tipo di accoglienza che lo attende: un bel processo, da affrontare oltretutto senza casa e senza un soldo in tasca. E questo perché, con notevole tempismo, un giudice ha ordinato il sequestro sia dell'appartamento moscovita sia dei conti bancari dell'uomo politico e blogger russo.
Non si tratta, in realtà, di una sorpresa. All'origine di questa iniziativa giudiziaria ad orologeria c'è un personaggio famigerato, quello Yevgeni Prigozhin al quale una diffusa semplificazione giornalistica ha appiccicato addosso l'etichetta di «cuoco di Putin». Prigozhin, in realtà, è qualcosa di molto diverso e di assai più vicino al presidente russo. Ha conosciuto Putin, è vero, nella veste di ristoratore di lusso a San Pietroburgo, ma è stato capace di farsi apprezzare da lui per ben altri aspetti della sua multiforme attività imprenditoriale. Prigozhin è dunque, anche se pubblicamente lo nega, l'uomo al vertice dell'organizzazione di mercenari russi Wagner, che Putin ha più volte utilizzato al posto delle forze regolari russe dapprima in Crimea nel 2014 e poi in Ucraina, in Siria e in Libia. Ed è anche il capo della cosiddetta «fabbrica dei troll», che sempre da San Pietroburgo sparge sui social e sui media di tutto il mondo per conto del Cremlino una sapiente disinformazija che punta a confondere l'opinione pubblica occidentale e a condizionarla a fini elettorali.
Lo scorso 26 agosto, mentre Navalny era in coma a Berlino, questo personaggio ha fatto una dichiarazione nel suo inconfondibile greve stile: «Se non tirerà le cuoia, voglio strappargli di dosso i vestiti e le scarpe, lo rovinerò».
Per ottenere questo risultato, Prigozhin ha scelto vie legali, le stesse che a suo tempo distrussero un uomo potentissimo come Mikhail Khodorkovski: ha provveduto a riscattare un debito da un milione di euro circa che Navalny e la sua Fondazione anti-corruzione avevano nei confronti di una società di catering, e che non erano riusciti a onorare perché i loro fondi venivano sistematicamente bloccati da qualche sentenza di tribunale. Divenuto così davanti alla legge il creditore di Navalny, ne ha ottenuto il sequestro della casa e dei conti bancari. Eccolo, il bentornato di cui parlava con parole soavi il portavoce del Cremlino.
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