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Tensione ad Arcore nel vertice a tre. Il Cav: solo un pazzo può farci saltare

Berlusconi chiede compattezza. Salvini: "Soddisfatto". Meloni: "L'unità non basta declamarla"

Tensione ad Arcore nel vertice a tre. Il Cav: solo un pazzo può farci saltare

È stato definito da molti il vertice del disgelo. Ma in una Brianza oppressa dalla cappa afosa dell'anticiclone Hannibal resisteva comunque qualche refolo di vento gelido dalle parti di Villa San Martino.

L'ultimo vertice tra Berlusconi, Meloni e Salvini risale a gennaio, prima dello strappo che ha portato i leader di Lega e Forza Italia ad appoggiare la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale.

Ieri, di fronte a un branzino in crosta e un risotto con melanzane e pomodorini per una colazione in giardino, Meloni e Salvini hanno ritrovato Berlusconi. Un vertice a tre. Una necessità, innanzitutto per suggellare le liste proposte per le prossime elezioni amministrative. Ma anche un confronto aperto e leale sul futuro della coalizione.

Un futuro che tutti i protagonisti preconizzano roseo ma con sfumature differenti. La tinta più netta la offre il padrone di casa. Al termine dell'incontro - cui hanno partecipato oltre ai leader anche Roberto Calderoli, Ignazio La Russa e Licia Ronzulli - Berlusconi rivela laconico ai cronisti in attesa davanti ai cancelli della villa: «Solo un pazzo manderebbe all'aria la coalizione di centrodestra». E la conclusione cui arriva il leader azzurro suona anche come un avvertimento agli alleati: «Il centrodestra è unito. Se così non fosse perderemmo le elezioni».

Lo strappo (del voto sul Quirinale) è ricucito soltanto in parte. Pesa sull'incontro l'incognita per le regionali del prossimo autunno in Sicilia. E in generale quelle che gli stessi protagonisti chiamano «le regole d'ingaggio» per la scelta delle candidature comuni.

Il punto di caduta è la legge elettorale. Sulla quale c'è una sostanziale comunanza di vedute. Il proporzionale non è nemmeno pensabile. E questo rafforza automaticamente il destino della coalizione anche per le politiche del prossimo anno.

Dal vertice emerge la consapevolezza che il vantaggio dei sondaggi non va bruciato. Nel 2018, sottolinea lo stesso leader azzurro, si è riusciti ad arrivare al voto con un programma comune. Una cosa che sarà facilmente ottenuta anche il prossimo anno, con i dovuti aggiustamenti visto quanto accaduto negli ultimi cinque anni. E per rimarcare la linea comune e un comune sostrato di valori il padrone di casa fa omaggio ai suoi ospiti di due Madonne della sua vasta e preziosa collezione. Nel mese mariano il gesto assume un particolare valore simbolico. «Ne abbiamo tutti bisogno», commenta Salvini ricevendo l'omaggio.

Ma i nodi vengono presto al pettine, quando Salvini e Calderoli lasciano Villa San Martino per tornare a Roma. Ed il confronto tra Berlusconi e la Meloni si concentra sulle liste per le amministrative. «È sicuramente positivo essersi incontrati ma l'unità della coalizione non basta declamarla - recita una nota diffusa da via della Scrofa -. Occorre costruirla nei fatti. Su 26 città capoluogo sono solo 5, ma purtroppo importanti, le città in cui il centrodestra andrà diviso». La nota fa riferimento anche al «caso Musumeci», il governatore siciliano che il resto del centrodestra della regione non vuole ricandidare. «Se è positiva la comune contrarietà ad una futura legge proporzionale per le elezioni politiche, restano ancora fumose le regole d'ingaggio sulle modalità con cui formare liste e programmi comuni» recita la nota che conclude con un lapidario: «occorre essere uniti non solo nella forma ma anche nelle scelte, nei progetti e nei programmi».

Una nota non gradita ad Arcore dove non nascondono il fastidio visto che si era raggiunto un accordo per affrontare il tema «Musumeci» solo a fine giugno. Dopo i ballottaggi.

A proposito dei quali i tre leader hanno comunque raggiunto un accordo di massima. Là dove si corre separati al ballottaggio si farà fronte comune. E i capoluoghi in cui si corre separati sono cinque: Messina, Viterbo, Catanzaro, Verona e Parma.

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