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Berlusconi dice no alla riforma del Mes. Ma sui 37 miliardi resta favorevole

Il leader azzurro in sintonia con Salvini e Meloni. "Nuove regole non convenienti per l'Italia". La mossa spiazza l'esecutivo. Oggi riunione dei gruppi Fi. Il nodo delle posizioni nel Ppe

Berlusconi dice no alla riforma del Mes. Ma sui 37 miliardi resta favorevole

Sì all'uso dei fondi del Mes per la sanità ma no alla riforma del Mes partorita dall'Eurogruppo. La nota ufficiale di Silvio Berlusconi sul «no» al nuovo Fondo Salva Stati, sul quale il Parlamento dovrà esprimersi il 9 dicembre, arriva all'ora di pranzo, quando i gruppi di Forza Italia sono già in ebollizione, se non in subbuglio. Ad anticipare la notizia, dopo le dichiarazioni del segretario della Lega, Matteo Salvini, secondo il quale non sarebbe stato più «compagno di strada» chi avesse votato a favore, era stata la vicecapogruppo azzurra al Senato, Licia Ronzulli, in tarda mattinata: «Così come è uscita dall'Eurogruppo la riforma non va bene e Forza Italia voterà contro in Parlamento. Quindi il problema non esiste».

Appena il tempo che il deputato Osvaldo Napoli iniziasse a sollevare ufficialmente i dubbi di altri colleghi ed ecco le parole più che chiare di Berlusconi: «Il 9 dicembre non sosterremo in Parlamento la riforma del Mes perché non riteniamo che la modifica del Meccanismo di Stabilità approvata dall'Eurogruppo sia soddisfacente per l'Italia e non va neppure nella direzione proposta dal Parlamento europeo». Ma anche: «La riforma in questione non ha nulla a che vedere con l'utilizzo dei 37 miliardi destinati alla lotta contro il Covid». All'uso dei fondi del Mes vincolati alla sanità, insomma, Berlusconi resta a favore.

Le ragioni di preoccupazione, spiega il comunicato, sono due. «Il primo: le decisioni sull'utilizzo del fondo verranno prese a maggioranza dagli Stati. Il che vuol dire che i soldi versati dall'Italia potranno essere utilizzati altrove anche contro la volontà italiana». E poi «il Fondo sarà europeo solo nella forma perché il Parlamento europeo non avrà alcun potere di controllo e la Commissione europea sarà chiamata a svolgere un ruolo puramente notarile». Aggiunge il Cavaliere: «Purtroppo sono state ignorate le nostre proposte per una indispensabile riforma del Mes».

Se c'è chi gioisce, definendo la decisione di Berlusconi «l'ennesimo coup de théâtre» (copyright di un entusiasta Guido Crosetto), tra i gruppi parlamentari azzurri c'è un certo malumore. Dopo il sì di Salvini agli emendamenti Mediaset Vivendi e al comune voto del centrodestra a sostegno del quinto scostamento di bilancio del governo, tra deputati e senatori si era acceso quasi un senso di nuova leadership identitaria. Così, l'inatteso «no» alla riforma del Mes, posizione diversa dalla gran parte dei partiti europei che fanno riferimento al Ppe, è stata una delusione per l'ala moderata.

Le capogruppo alla Camera e al Senato, Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini, hanno faticato a contenere il disagio dei parlamentari e alla fine la riunione dei gruppi è stata rinviata a oggi, perché diversamente «sarebbe stato difficile tenere a bada il malcontento» di alcuni. Sia Gelmini che Bernini hanno sottolineato la differenza tra il sì al Mes sanitario (ovvero al fondo vincolato alle spese sanitarie già a disposizione e del quale all'Italia toccherebbero 37 miliardi a tassi agevolati) e il no alla riforma del Mes, ovvero alle regole generali che presiederebbero da ora in poi al Meccanismo europeo di stabilità. Sono proprio questi cambiamenti ad essere stati bocciati dal leader di Forza Italia. Nonostante nel partito le sensibilità restino diverse, Antonio Tajani (nel tondo), vicepresidente di Fi e del Ppe, è sul no alla riforma, e il responsabile economico Renato Brunetta aveva espresso qualche dubbio.

Inutile negare, spiegano fonti vicine a Berlusconi, che tra le motivazioni che hanno portato il fondatore di Forza Italia al «no» ci sia la volontà di non spaccare l'alleanza del centrodestra e in particolare con Salvini.

Ma per il partito restano momenti difficili.

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