Se deve nascere un governo di minoranza, magari con l'astensione del Pd, il centrodestra è l'unica forza che ha i numeri per poterci provare. Ed è chiaro che questa è l'unica strada percorribile per non archiviare questa legislatura in tempi molto brevi tornando alle urne nella prima finestra utile.
La linea di Silvio Berlusconi resta ferma: non si può pensare di mettersi sulla riva del fiume ad aspettare che passino le macerie dei tentativi governativi dei Cinque stelle. Matteo Salvini dovrà provarci e dialogare con chi mostrerà la volontà di farlo ed è nostro dovere, con lealtà e coerenza, ricordarglielo. Certo ci vorrà qualche settimana per smussare gli angoli, si va verso un periodo di decantazione che potrebbe evolversi in una logorante guerra di posizione in cui sia Luigi Di Maio che il segretario della Lega si passeranno il cerino. Ma liquidare il tentativo di formare una maggioranza come una semplice caccia a singole adesioni rischia di rivelarsi un inutile esercizio dilatorio.
Dentro Forza Italia non è passato inosservata la novità messa sul piatto da Salvini di una disponibilità al dialogo con il Pd. O perlomeno con chi nel Pd vuole «dare una via d'uscita al Paese». Così come il riferimento al Def come possibile piattaforma di aggregazione su alcuni punti concreti del programma economico. «E' chiaro, però, che il Def di Salvini sarà il Def del centrodestra», dicono i dirigenti azzurri. Il tutto, naturalmente, in attesa di vedere come evolverà la situazione al Nazareno. Perché la chiave sta proprio nelle indicazioni che emergeranno lunedì nella direzione dem in cui verranno formalizzate le dimissioni di Matteo Renzi. Ieri non è passata inosservata la presenza di Denis Verdini in visita ad Arcore. Inevitabile leggerla attraverso la lente delle grandi manovre politico-parlamentari di queste ore. Di certo chi si sta muovendo, come sempre sotto traccia, è Gianni Letta, in contatto con Berlusconi per la tessitura della trama del dialogo tra diversi. Un dialogo verosimilmente portato avanti con il Pd che favorendo con la sua astensione la nascita di un governo di minoranza di centrodestra non dovrebbe neppure sporcarsi le mani votando un esecutivo guidato da un leghista. Il centrodestra conta 265 deputati e 137 senatori. Basta che il Pd si astenga per dargli il via libera. Gli unici nodi sarebbero i voti su quei pochi provvedimenti che richiedono la maggioranza assoluta.
I leader del centrodestra, in queste ore, si godono un parziale riposo. Ieri Berlusconi ha mandato un messaggio a Salvini per gli auguri di compleanno. Settimana prossima con ogni probabilità i leader di Forza Italia, Lega insieme a Giorgia Meloni si vedranno per fare il punto (probabilmente non prima del 14 marzo). Nel frattempo i parlamentari azzurri iniziano i loro incontri su base territoriale, in attesa della «plenaria» di mercoledì prossimo con Berlusconi. Ieri è stata la volta di quelli del Centro-Italia a pranzo con Antonio Tajani. Lunedì si vedranno i lombardi. La settimana prossima si dovrà definire anche la questione dei capigruppo.
Renato Brunetta e Paolo Romani sono confermati, ma se per loro dovessero profilarsi altri incarichi, di governo o istituzionali (vedi presidenza del Senato nel caso di Romani, scelta più che probabile nel caso di un premier leghista essendo Fi la seconda forza della coalizione) allora i nomi di Mara Carfagna e Mariastella Gelmini a Montecitorio e di Anna Maria Bernini e Andrea Mandelli a Palazzo Madama appaiono in pole position.
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