La discoteca più alla moda di Milano trasformata in un regno di gang, una prateria dove vige la legge del più forte e dove lo sgarro più banale deve essere lavato col sangue. Ieri la sentenza del giudice Guido Salvini chiude il processo per l'aggressione che la notte dell'1 luglio poteva costare la vita ad un ragazzo di vent'anni. Quel ragazzo si chiama Niccolò Bettarini e ha due genitori importanti. È un dramma che ha fatto irruzione nella vita patinata del padre e della madre del ferito, Stefano Bettarini e Simona Ventura: ma proprio la notorietà dei personaggi coinvolti ha portato alla ribalta un processo che altrimenti sarebbe scivolato via tra le «brevi» di cronaca, richiamando l'attenzione sul clima violento delle notti milanesi.
Quattro condanne per tentato omicidio; questo è il verdetto che il giudice Salvini emette dopo un'inchiesta e un processo minuziosi, che hanno ricostruito passo per passo quasi tutti i fotogrammi della serata iniziata al privè dell'Old Fasion e terminata nel sangue pochi metri fuori dalla discoteca, davanti a un chiosco per panini. Fin dal primo dei fotogrammi, quando il leader del gruppo venuto da Affori, Davide Caddeo, entra all'Old Fashion. È armato di coltello, ed è il coltello con cui poi cercherà di ammazzare Bettarini. Il metaldetector rileva la presenza del «ferro». «Suona perché ho un piercing sull'uccello», dice Caddeo ai buttafuori. E quelli, che non possono non conoscere il giovanotto e la sua fama da attaccabrighe, lo fanno entrare.
Il resto è storia nota: la brusca discussione ai margini del privè tra Caddeo e Andrea Ilardo, giovane figlio di un ufficiale della Guardia di finanza, e amico di Bettarini; la pace provvisoria tra i due gruppi; e la discussione che alle tre di notte riprende fuori dal locale, la violenza che esplode all'improvviso quando Albano Jackej, uno degli albanesi del gruppo di Affori, riconosce Bettarini e lo apostrofa con fare da bullo: «Ehi, tu hai gli orecchini uguali ai miei».
Ieri il giudice riserva a Caddeo la pena più alta, nove anni: e non poteva che essere così, perché Caddeo è fin dall'inizio il catalizzatore del litigio, e non si può escludere che abbia portato con sé il coltello proprio nella speranza di incrociare all'Old Fahion gli «altri», quelli con cui aveva un vecchio conto in sospeso. È lui, fuori, a lanciarsi contro Bettarini, dopo che Stefano ha iniziato a litigare con l'albanese. È ancora lui a colpire con un calcio in faccia Zoe, la ragazza di Bettarini, intervenuta per difenderlo. Ed infine è lui ad accoltellare ripetutamente il ragazzo, con fendenti che solo per caso non risulteranno mortali.
Per tentato omicidio, ma con l'attenuante di non avere previsto il fatto, vengono condannati anche gli altri: sei anni e mezzo a Jackej, quello degli orecchini, cinque anni al suo connazionale Andi Arapi, cinque anni e mezzo a Alessandro Ferzoco, l'ultrà dell'Inter che era nella compagnia di Affori, riconosciuto dallo stesso Bettarini tra i suoi aggressori. E alla lettura della sentenza, Bettarini ha quasi parole di compassione per i condannati, ai quali ha rinunciato a chiedere risarcimento: «Le pene sono giuste, ma nove anni sono tanti.
Il giudice mi ha anche parlato dei precedenti, della vita che c'è dietro questo ragazzi. Questo - spiega - non giustifica quello che hanno fatto, ci mancherebbe altro, però vedere che hanno un passato così problematico fa anche molto pensare che non siamo tutti uguali».LF
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