Lo aveva promesso prima di approdare alla Casa Bianca, lo ha ribadito nel suo ultimo discorso sullo stato dell'Unione e lo annuncerà ufficialmente oggi nella presentazione del budget a Filadelfia. Joe Biden vuole aumentare le tasse sui ricchi, per finanziare Medicare, il programma di assistenza sanitaria per gli over 65 e gli invalidi, che il presidente ha definito «una garanzia solida come una roccia per gli americani che vanno in pensione» e alla quale vuole dare respiro per i prossimi 25 anni. Il leader democratico lo ha spiegato in varie occasioni: la sua non è una mossa da anticapitalista ma da «sincero capitalista», che non priverà i super-ricchi «delle seconde e terze case oppure dei viaggi sui jet privati», li costringerà piuttosto a contribuire in maniera più equa e proporzionata al progresso della nazione. Secondo i piani, l'aliquota per Medicare dovrà passare dal 3,8% al 5% per i redditi superiori ai 400mila dollari l'anno, plusvalenze incluse. Quanto alle società, Biden punta a convincere il Congresso a quadruplicare le tasse sui «buyback», i piani di acquisto di azioni proprie da parte della stessa società che le ha emesse. L'obiettivo finale - ha spiegato ieri la portavoce del presidente, Karine Jean-Pierre, in un briefing - sarà persino più ambizioso di quello paventato un mese fa, nel discorso sullo stato dell'Unione: Biden punta a ridurre il deficit di 3mila miliardi, ben più dei 2mila di cui ha parlato a febbraio. Convinto dalle stime della Casa Bianca che dai redditi alti potranno arrivare 700 miliardi di nuove entrate nette in un decennio.
La scelta, per il leader statunitense, era fra i tagli e l'aumento delle tasse e Biden non ha avuto dubbi nel preferire la seconda via. Per due motivi. Il primo: difendere la solvibilità di Medicare, sul quale si appoggiano oggi oltre 65 milioni di cittadini americani, per un totale di circa 900 miliardi ogni anno, cifre che non potrebbero essere sostenute oltre il 2028, senza un intervento dell'amministrazione. L'altra ragione è l'impegno del leader americano a combattere la sperequazione sociale, che con la pandemia si è fatta sempre più evidente e sproporzionata. La ricchezza dell'1% dei Paperoni nel mondo è cresciuta di quasi il doppio rispetto al resto della popolazione negli ultimi due anni, di ben 6600 miliardi nel 2021 per i Paperoni d'America, secondo uno studio diffuso l'anno scorso dalla Federal Reserve, e quei miliardari controllano un terzo della ricchezza del Paese. Non solo. Per Oxfam America, l'americano medio paga un'aliquota fiscale del 13%, mentre gli uomini più danarosi della nazione aliquote fino al 3,4%. Non è un caso che circa 200 degli straricchi a stelle e strisce, tra cui Elon Musk e George Soros, abbiano chiesto espressamente, come segnale di responsabilità verso il Paese, di essere tassati di più.
Il vero problema è che i propositi di Biden e le speranze dei «milionari-patrioti» rischiano di infrangersi di fronte all'opposizione del Partito repubblicano, ormai maggioritario alla Camera e sotto di un solo seggio al Senato. Per il Gop la crescita economica passa per i tagli fiscali, come quelli introdotti da Trump, e che tuttavia causarono maggior deficit quando l'economia non marciò come doveva per la pandemia. Due visioni opposte.
E quello sulle tasse sarà un primo round in vista della resa dei conti, che arriverà d'estate, quando Biden e il Congresso dovranno raggiungere un accordo sull'aumento dell'indebitamento governativo, per evitare un default e una eventuale dura recessione.
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