Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ammette che «c'è scetticismo» nell'opinione pubblica del suo Paese rispetto all'opportunità di continuare a fornire armi all'Ucraina, che finora sono costate al contribuente americano oltre 40 miliardi di dollari. Per Blinken, però, non ci sono dubbi: il sostegno a Kiev è nell'interesse nazionale degli Stati Uniti, perché è evidente che ordinando l'invasione di un Paese vicino Vladimir Putin ha violato i principi dell'ordine internazionale, ed è preferibile difenderli adesso perché in caso contrario la Russia si troverebbe incoraggiata a fare lo stesso anche ad altri Paesi.
Blinken ha precisato che la percezione di tanti americani che Washington si accolli quasi da sola l'ingente carico è errata. Fin dall'inizio dell'invasione nel febbraio '22, infatti, è stata creata «una straordinaria coalizione di circa 50 Paesi che si sono impegnati a sostenere l'Ucraina nella guerra». È chiaro che la superpotenza militare Usa fa la parte del leone, ma il peso degli aiuti forniti ad esempio da Regno Unito (ieri il premier Rishi Sunak ha esortato i partner occidentali a fornire armi agli ucraini «per finire il lavoro»), Francia, Germania e Canada è rilevante. La stessa Italia, che non è certo un peso massimo militare, fa quel che può: ieri il ministro Crosetto ha precisato che le nostre disponibilità sono ormai limitate. In attesa che dal Congresso, agitato da mosse di sapore elettoralistico dei repubblicani trumpiani, giunga luce verde alle richieste del presidente Joe Biden (che in questi giorni ha riunito in teleconferenza i principali alleati per assicurare che il sostegno a Kiev andrà comunque avanti), il Pentagono ha fatto sapere che già in settimana verranno trasferite agli arsenali ucraini di migliaia di armi e munizioni iraniane sequestrate dagli americani.
Gli ucraini faticano a comprendere le nostre esitazioni. Il presidente Volodymyr Zelensky intervenuto a Sky Tg24 ha definito la resistenza e la controffensiva ucraina «la guerra più importante nel mondo occidentale». Zelensky, che vede una Russia più debole e perciò interessata a congelare il conflitto, si è detto certo che il sostegno americano ed europeo non verrà meno e si è nuovamente rivolto ai leader di tutto il mondo perché comprendano che difendere il popolo ucraino significa difendere anche i loro Paesi: «È importante che i nostri alleati non siano stanchi». Poi ha invitato il Papa.
Ancora più diretto il primo consigliere di Zelensky, che chiede ai conservatori occidentali di spiegare le ragioni del loro rifiuto di continuare il sostegno militare a Kiev. «Perché siete così illogicamente contrari alla distruzione dell'esercito russo, che da decenni terrorizza le democrazie? domanda Mykhailo Podolyak Perché volete che la Russia resista, corregga i suoi errori, rafforzi il suo esercito, riavvii il suo complesso militar-industriale e guardi a nuove opportunità di attaccare altri Paesi, inclusi i vostri? E come spiegate questo paradosso suicida ai vostri potenziali elettori?».
Tra le difficoltà c'è anche lo ha spiegato con franchezza la premier Giorgia Meloni ribadendo che la difesa dell'Ucraina «è il modo migliore di difendere l'interesse nazionale» il problema dell'impatto sui cittadini di ricadute del conflitto come inflazione, prezzi dell'energia e migrazioni. Ma anche - inconfessabilmente il timore che un'Ucraina invitta e ammessa nell'Ue entro il 2030 («Se avrà fatto i compiti», ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel), magari insieme con Moldavia, Georgia e alcuni Paesi balcanici, trasformi per la prima volta diversi Stati membri in contribuenti: uno studio di Bruxelles afferma che, tra gli altri, Cechia, Slovenia e Lituania non avrebbero più diritto a sussidi agricoli e fondi di coesione, mentre Kiev otterrebbe circa 186 miliardi di euro in sette anni.
Ed è noto che, quando gli interessi concreti immediati vengono toccati, la cattiva politica non perde l'occasione di far dimenticare alle opinioni pubbliche che se non si ferma l'orso russo il valore di ogni conto economico si relativizza.
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