Muto davanti al gip. Con la testa bassa. E la mente chissà dove, forse già all'inferno. Di fronte al giudice per le indagini preliminari si è avvalso della «facoltà di non rispondere»: una formula giuridico-burocratica che stride con l'orrore provocato da questo dramma.
Nel suo stato, apparentemente catatonico, sembra rendersene conto anche lui, Davide Paitoni, il padre che ha sgozzato il figlio; l'unica frase che gli si sbriciola in bocca è infatti «Ora vorrei solo morire». Quattro parole messe in fila per un pellegrinaggio nella dannazione di un uomo che ha infilato una lama nella gola del suo bimbo di 7 anni, nascondendo il cadavere in un armadio. Poi la corsa verso il secondo obiettivo (quello vero!) della vendetta: la moglie dalla quale si era separato. In mano lo stesso coltello, ma la donna si è salvata. Lui è fuggito, dopo poche ore i carabinieri lo hanno catturato. Nella casa dove la notte di Capodanno il povero Daniele è stato ammazzato, un bigliettino delirante: un mix di accuse e richieste di perdono.
Sullo sfondo di questa prima - allucinante - storia di cronaca nera del 2022, anche un emblematico scaricabarile fra toghe che la dice lunga su come è messa oggi la giustizia nel nostro Paese. Lo status penale di Davide Paitoni, nel giorno in cui ha ammazzato Daniele e tentato di fare altrettanto con la mamma del bambino, non era infatti quella di un papà «normale». Ma quello, addirittura, di un pregiudicato agli arresti domiciliari. Alle spalle un controverso episodio di accoltellamento nei confronti di un suo collega di lavoro e un «codice rosso» per presunti maltrattamenti ai danni della moglie separata: tutto nero su bianco, con tanto di denunce e segnalazioni «a chi di dovere».
Come sia stato possibile che a un soggetto dal profilo così violento abbiano concesso di tenere il figlio durante le festività natalizie, lo sa solo Dio. Anche se, in verità, cercheranno di scoprirlo pure gli ispettori ministeriali inviati a Varese dal Guardasigilli sull'onda del clamore per lo scaricabile fra Procura e Tribunale che - per quanto si è capito - «non hanno comunicato adeguatamente fra loro». Complimenti.
Riguardo all'interrogatorio di garanzia di ieri, l'avvocato di Paitoni si è limitato a dichiarare: «Non era in condizioni di sostenere un contraddittorio. È ancora sotto choc e molto provato». La prossima mossa della difesa è scontata: la richiesta di una perizia psichiatrica al fine di puntare sulla totale o parziale incapacità di intendere e volere dell'uomo. Obiettivo: alleggerire la posizione dell'imputato evitandogli una condanna da ergastolo. E ciò sarà possibile solo se in sede processuale verrà provato che Paitoni «non era in sé» quando ha infilato il coltello nella gola del figlio e quando, poco dopo, ha tentato di fare la stessa cosa contro la sua ex moglie.
Intanto le accuse contestata sono omicidio volontario (con le aggravanti di premeditazione e crudeltà) e tentato omicidio. Scontata è anche la decisione del gip a fronte del silenzio opposto da Paitoni: conferma della custodia cautelare in carcere. Il suo difensore non si aspetta nulla di diverso: «È un provvedimento fisiologico. Al momento, più che dell'aspetto legale, ci stiamo occupando del lato umano per consentire a Paitoni di recuperare quel minimo di equilibrio psico-fisico per affrontare il prosieguo dell'iter giudiziario».
E, a proposito di «iter giudiziario», in un ennesimo comunicato la Procura di Varese ha sottolineato di aver «contestato a Davide Paitoni la pericolosità sociale quando ha chiesto che fosse messo ai domiciliari, dopo che il 26 novembre venne arrestato con l'accusa di tentato
omicidio nei confronti di un collega di lavoro. Inoltre erano note al gip le denunce per maltrattamenti presentate dalla moglie e dal padre di lei».Insomma, lo scaricabarile continua. Rendendo il tutto ancora più avvilente.
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