Cronache

Black bloc, settimana corta. Rivoluzione fino al venerdì. Poi si va in pausa-weekend

Scontri, assemblee, volantinaggi, striscioni, slogan e cortei. Ma soltanto nei giorni feriali

Black bloc, settimana corta. Rivoluzione fino al venerdì. Poi si va in pausa-weekend

Gli antagonisti dell'Università di Bologna odiano i tornelli all'ingresso della biblioteca della facoltà di Lettere, ma «timbrano» regolarmente il «cartellino». Da lunedì al venerdì. Perché il weekend è sacro anche per i «rivoluzionari»: una congerie di anarco-figli di papà che nei primi cinque giorni della settimana si dilettano in assemblee, occupazioni e scontri con la polizia, per poi riposarsi il sabato e la domenica. È la figura, un po' patetica, da barricadero impiegatizio, che emerge dall'analisi del materiale sequestrato dalla Digos in casa degli ultrà del Cua (Collettivo universitario autonomo) arrestati per gli scontri con la polizia durante il blitz al «36» in via Zamboni. Un'irruzione sollecitata dall'ateneo perché ormai in quella biblioteca avveniva di tutto: spaccio di droga, furti, minacce, atti vandalici. «Lì c'era gente che andava per bucarsi» (Virginio Merola, sindaco di Bologna, dixit); «Giovani predisposti alla violenza (...)» (tratto dall'ordinanza di conferma degli arresti). Ma torniamo agli appunti pseudo-insurrezionalisti ritrovati dalle forze dell'ordine nelle case medio-borghesi dei travet della contestazione dei giorni feriali. Nei festivi, infatti, cortei e manifestazioni risultano subire una sospetta pausa di riflessione, come fosse un rigenerante pisolino postprandiale in attesa di riabbuffarsi a colpi di slogan contro la «repressione di Stato». Dura la vita dell'autonomo professionista che emerge dal decalogo elaborato dai cervelli del Movimento studentesco: si comincia il lunedì con «volantinaggio in piazza Verdi» (la piazza che sta agli antagonisti come Lourdes sta alla Madonna); si prosegue il martedì con «assemblea in aula magna»; si arriva al mercoledì con «richiesta dimissioni di rettore e questore»; giovedì «preparazione striscioni e slogan per corteo»; il clou è venerdì con «scontri e attività di controinformazione».

Gli «scontri» sono quelli con la polizia, mentre la «controinformazione» è quella contro i «giornalisti di regime». Quale «regime»? Boh. Ma dopo ben cinque giorni di indefesso «lavoro», ecco arrivare, meritatissimo, il weekend del guerriero: riposo interrotto, al massimo, per mettere giù la bozza del programma della settimana successiva. Che poi è, sostanzialmente, identica a quella appena trascorsa: volantinaggio, assemblea, richiesta di dimissioni, manifesti, scontri. Un attivismo inversamente proporzionale al mutismo assoluto che in questi giorni sta caratterizzando la strategia comunicativa (o meglio, incomunicativa) del rettore Francesco Ubertini che - dopo aver avuto il coraggio di installare i tornelli al «36» e aver sollecitato l'intervento della polizia contro chi li aveva divelti - pare ora intenzionato a un clamoroso dietrofront, riaprendo la biblioteca dello scandalo priva senza i contestati tornelli.

Se davvero fosse così, passerebbe un messaggio pericolosissimo: la violenza vince sulla legalità.

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