Il bluff del grano

Dopo l’intesa di Istanbul, si susseguono invano gli annunci sulla partenza delle navi. Le parti si accusano a vicenda. Zelensky ordina ai civili di lasciare la zona di Donetsk

Il bluff del grano

Sono passati nove giorni dall'accordo sul grano firmato il 22 luglio a Istanbul tra Russia e Ucraina, con la mediazione di Turchia e Nazioni Unite, ma ancora non c'è traccia della sua attuazione, nonostante l'ultima dichiarazione, venerdì, piena di fiducia del presidente ucraino Volodymyr Zelensky: «Il primo carico è pronto a partire, aspettiamo il via libera di Turchia e Onu». La speranza è che in settimana si assista alla svolta, che darebbe sollievo a una crisi alimentare internazionale senza precedenti. Secondo il ministero delle Infrastrutture ucraino sono 17 le navi di grano caricate nei porti ucraini di Odessa e Chornomorsk, dieci delle quali pronte a partire ormai da giorni. Ma il silenzio di Ankara sul tema conferma che dopo le difficoltà di arrivare all'intesa, ancora più complessa si dimostra la sua attuazione.
Tra le parti in conflitto e i due grandi protagonisti internazionali è un rimpallo di accuse. A cominciare da quella del rappresentante russo al Consiglio di sicurezza dell'Onu, secondo cui l'intesa per lo sblocco dell'export di grano dai porti ucraini del Mar Nero è di difficile applicazione perché in quei porti continuano ad arrivare «armi pesanti» all'Occidente. «È difficile essere in grado di sostenere la piena attuazione di questi accordi se le armi pesanti continuano a essere consegnate in quei porti», ha accusato Dmitri Polianskiy, vice ambasciatore russo alle Nazioni Unite, in una riunione a Palazzo di Vetro dedicata alla guerra in Ucraina. Polianskiy non ha fornito dettagli sulle sue accuse ma ha promesso che le forze russe faranno «tutto il possibile per distruggere questi materiali perché nulla nell'accordo impedisce di continuare a lavorare per smilitarizzare l'Ucraina».


Il segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro della Difesa ucraino Dmytro Kuleba, in un colloquio telefonico ieri, hanno ribadito «la necessità di una rapida applicazione dell'accordo». Ma gli Stati Uniti non ci stanno a essere chiamati in causa e puntano il dito su Mosca: «La continuazione del blocco delle esportazioni marittime alimentari ucraine imposto dalla Russia ha peggiorato ulteriormente l'insicurezza alimentare globale», ha detto Blinken, che ha poi riferito a Kuleba i contenuti della sua telefonata del giorno precedente con il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, il primo contatto diretto tra i due dopo sei mesi. La Russia, a sua volta, non smette di rinfacciare a Washington le sue presunte colpe. Lavrov ha rimpallato le accuse sulla crisi alimentare, gettando in faccia al segretario di stato americano che gli Usa non mantengono le promesse sulle esenzioni dalle sanzioni per le esportazioni di alimenti dalla Russia. La situazione alimentare «globale è complicata dalle sanzioni statunitensi», ha ribadito Lavrov a Blinken. E le misure contro Mosca si sono persino aggravate dopo la telefonata, con nuove sanzioni americane contro due individui e quattro entità russe accusate di aver sostenuto «le operazioni maligne del Cremlino per influenzare e interferire nel processo democratico ed elettorale» negli Stati Uniti e in altri Paesi, tra i quali l'Ucraina.


Il grano rimane dunque ostaggio del braccio di ferro tra le due superpotenze, con la Russia che continua a utilizzarlo come arma di pressione, soprattutto per arrivare all'obiettivo che più preme al regime: lo stop alle sanzioni.


Intanto in serata Zelensky ha ribadito la richiesta alla popolazione civile della parte della regione di Donetsk sotto il controllo di Kiev, dove sono in corso i più intensi combattimenti con le forze russe, di evacuare la zona. «L'evacuazione obbligatoria della regione è già stata decisa», ha detto il presidente.


In precedenza sul tema era intervenuta la vice prima ministra Iryna Vereshchuck che aveva anticipato che il governo avrebbe reso obbligatoria l'evacuazione prima dell'inizio della stagione invernale, aggiungendo che la misura avrebbe riguardato tra le 200mila e le 220mila persone, tra cui 52.000 bambini. La decisione è stata spiegata con la distruzione delle reti del gas nella regione e con la conseguente assenza di riscaldamento prevista per la prossima stagione invernale.

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