Bologna tradisce gli operai. Vuole spiarli con il Gps

Il Comune non si fida: per fare verifiche sui lavoratori pensa al satellite. L'assessore: "Pagheremo solo lavori effettivamente fatti"

Bologna tradisce gli operai. Vuole spiarli con il Gps

Non è più tempo di paradiso per la classe operaia. Adesso al massimo si va al «Grande Fratello». Che non è quello, magari ambito, che in tv rende a volte ricchi e famosi: all'ombra delle due torri per le maestranze (al momento, soltanto per quelle impegnate nella manutenzione degli immobili comunali) niente telecamere televisive ma l'occhio attento del satellite. Per sapere dove siano e cosa facciano in orario lavorativo.

La svolta che infrange un tabù prima che ci riesca Renzi il rottamatore viene sancita - ironia della sorte - da un esponente della sinistra antirenziana, l'assessore bolognese ai Lavori pubblici Riccardo Malagoli, esponente di Sel. «Vogliamo pagare solo i lavori effettivamente fatti», spiegava ieri Malagoli in un'intervista, illustrando i dettagli di un appalto da 200 milioni di euro (già assegnato in via provvisoria) per la manutenzione degli edifici municipali: «Il Comune non ha abbastanza personale da inviare ogni volta sul posto per verificare. Per questo un sistema “da remoto” ci fa comodo: si possono avere dati certi sull'avanzamento».

Insomma, rilevatore Gps per manovali e imbianchini, per monitorarne la presenza in cantiere. Più o meno quel che avevano provato a fare - ma invano - diversi colossi industriali, scontrandosi con le resistenze del sindacato e lo Statuto dei lavoratori, che consente forme di controllo a distanza solo previo accordo con le rappresentanze sindacali o seguendo le direttive dell'Ispettorato del lavoro. Per dire: quando la Obi di Piacenza ha ipotizzato di misurare con un braccialetto i tempi di risposta alle richieste di assistenza dei clienti, s'è sentita rispondere dalla Uil: «Non siamo in un carcere». Fincantieri, che al proprio personale voleva fornire scarponi con microchip, s'è vista imporre l'alt dalla Triplice: «Irricevibile». Netto anche il no della Fiom al gruppo Elior, che per i commessi dei bar degli autogrill bolognesi aveva pensato ad una cintura con gps integrato: «Così si torna all'Ottocento».

Per aprire un varco nel muro dei sindacati, col Jobs Act il governo s'è impegnato a far sì che il controllo a distanza possa essere introdotto almeno per proteggere la produzione e la salute dei lavoratori. Il decreto attuativo, però, approvato il 5 agosto (con osservazioni) dalla Commissione Lavoro della Camera, non ha sin qui visto la luce. Intanto il fronte dei contrari incalza. «La norma è incostituzionale: l'utilizzo della tecnologia, pur se limitato ai controlli aziendali, consentirebbe di fatto di monitorare le prestazioni lavorative dei dipendenti», attacca la Cgil. «La legge delega è generica», obietta l'Associazione giuslavoristi italiani.

Nulla di buono all'orizzonte. Un grattacapo in più per il Comune felsineo, non l'unico e neppure il più preoccupante: la commessa milionaria dapprima ha attirato critiche per la presenza (in seguito venuta meno) tra le società affidatarie della Cpl Concordia di Modena, incappata nelle inchieste sui Casalesi. Poi è arrivata la bocciatura dell'Anticorruzione.

«Appalto nullo e non conforme alla normativa», ha scritto ai primi di agosto in un parere non vincolante il presidente dell' authority Raffaele Cantone, dato che non sarebbe chiaro in base a quali motivi di convenienza per l'ente la giunta Merola abbia deciso di affidarsi alle coop, bypassando la centrale acquisti Consip. Guai ben più grossi d'una vertenza sindacale. Col dubbio che per uscirne potrebbe non bastare il Gps.

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