Bonafede sale al Quirinale Scoppia pure il «caso Brescia»

Il ministro non ha ancora preso iniziative disciplinari Ombre sulle nomine all'ufficio competente su Milano

È sempre più il Quirinale a tirare le fila della crisi drammatica che investe la magistratura italiana e il suo organo di autogoverno. Sergio Mattarella si muove nelle doppia veste di capo dello Stato e di presidente del Consiglio superiore della magistratura, ed in entrambe le vesti sta facendo sentire la sua voce che si traduce in una linea chiara: nessuna tolleranza verso chi ha trasformato l'autogoverno dei giudici in un mercato.

Ieri al Colle è salito il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Secondo i comunicati ufficiali, il Guardasigilli è andato a manifestare al presidente la sua «preoccupazione» per la gravità della situazione. Se così fosse, non sarebbe servita mezz'ora e forse neanche sarebbe servito l'incontro, perché Mattarella è preoccupato quanto e più di Buonafede. Sarebbe interessante piuttosto capire se il ministro abbia spiegato al capo dello Stato come intende muoversi per esercitare il potere cruciale che gli spetta in questa situazione: l'azione disciplinare nei confronti dei nomi che compaiono nelle carte. Solo il ministro e il procuratore della Cassazione possono fare sì che a mettere fuori dai giochi i magistrati coinvolti non si debbano aspettare i tempi lunghi della giustizia penale. In particolare, ad essere messi sotto procedimento possono essere Luca Palamara e Luigi Spina, entrambi attualmente in servizio effettivo come pm (il primo a Roma, il secondo a Castrovillari). Ma per ora non risulta che il ministro abbia preso iniziative.

Nel frattempo dalle carte dell'inchiesta emerge un altra carica finita tra gli appetiti della cricca, quella di procuratore a Brescia. Non sarebbe un ufficio giudiziario di primissimo piano: una ventina di pm, un territorio vasto ma tutto sommato tranquillo. Ma la Procura di Brescia ha una caratteristica cruciale: ha la competenza sui reati in cui sono coinvolti, come vittime o come sospettati, i magistrati in servizio a Milano. E poiché Milano è uno snodo cruciale delle inchieste giudiziarie, il modo in cui viene esercitato il controllo su di essa è decisivo negli equilibri interni alla magistratura.

È alla luce di questo dettaglio che vanno lette le tracce che nell'inchiesta di Perugia sul Csm dicono che gli interessi della lobby guidata da Luca Palamara e Luca Lotti si muovevano anche sulla nomina del procuratore di Brescia, resa vacante dalle dimissioni di Tommaso Buonanno. A reggere la Procura è il procuratore aggiunto Carlo Nocerino, che per molti anni ha lavorato a Milano, nell'ufficio giudiziario su cui dovrebbe vigilare. La nomina del nuovo capo è da tempo nell'agenda del Csm.

Ed ecco che anche su questa partita, stando alle indiscrezioni più recenti, è emerso l'interessamento di Luca Palamara, ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati e burattinaio di molte nomine.

In gara per Brescia ci sono soprattutto due nomi, entrambi di appartenenti alla sua corrente, ovvero Unicost: sono il procuratore di Velletri Francesco Prete e quello di Lecco Antonio Chiappani. Chiappani ha lavorato per anni a Brescia, Prete è stato a lungo pm a Milano. Entrambi, insomma, conoscono bene la realtà che andrebbero a governare. Ma di questi tempi non è detto che sia un pregio.

LF

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