Coronavirus

Boris: quarantena dall'estero. Rischio disastro economico

Secondo indiscrezioni il premier annuncia oggi l'obbligo per chi arriva da un Paese straniero

Boris: quarantena dall'estero. Rischio disastro economico

Il tragico pallottoliere delle vittime è salito a 36.500, confermando nel Regno Unito il Paese più martoriato di tutta Europa dal coronavirus. Ma c'è un'altra tragedia che rischia di abbattersi sulla Gran Bretagna nelle prossime settimane. È la crisi socio-economica legata al disastro delle compagnie aeree. Un terremoto annunciato, i cui contorni cominceranno a intravedersi questa sera alle 8, nel discorso del primo ministro alla nazione.

Boris Johnson, secondo le indiscrezioni, parlerà alla nazione per annunciare un primo limitato allentamento del lockdown, le misure restrittive che per ultimo, in Europa occidentale, ha introdotto il 23 marzo. Il premier chiederà agli inglesi di tenere ancora la distanza cruciale di due metri nella vita quotidiana. Per il resto via libera a un paio di libertà: si potrà uscire a far sport più di una volta al giorno e recarsi nei vivai, che riapriranno da mercoledì per soddisfare la mania inglese del giardinaggio. Il motto per i cittadini sarà invece: pedalate, cioè andate al lavoro in bicicletta, per evitare i mezzi pubblici (previsto un pacchetto di incentivi da 2,26 miliardi di euro).

Ma la bomba pronta a essere sganciata da Johnson nel discorso di oggi è l'annuncio dell'obbligo di una quarantena di 14 giorni per i passeggeri in arrivo in Gran Bretagna a partire da inizio giugno, connazionali compresi, pena una multa fino a mille sterline. Una restrizione che imporrà a chi mette piede sul suolo britannico di indicare a quale indirizzo si isolerà, a meno che non arrivi da Irlanda, isola di Man e Isole del Canale.

Si tratta di misure che hanno avuto ottimi risultati in Australia, Nuova Zelanda e Singapore, in Europa anche in Austria, tanto chi si pensa già a corridoi preferenziali tra i Paesi Covid-free). Ma secondo Airlines UK, l'organizzazione che rappresenta colossi dell'aviazione come British Airways e EasyJet, per il Regno Unito sarà «una catastrofe». Tremano le compagnie aeree. Trema l'industria dei viaggi e del turismo. Chi andrà in Gran Bretagna per dover star fermo 14 giorni?

Il problema è che il Paese ha lasciato liberi i voli commerciali e solo lo scorso mese sono arrivate 15mila persone al giorno nel Regno Unito, senza nemmeno la minima rilevazione della temperature. Perciò - è l'idea di Johnson - serve stringere le maglie dei controlli dall'esterno, ora che il picco dell'epidemia è alle spalle ma i morti continuano a essere troppi e il rischio di una seconda ondata è dietro l'angolo. Il punto è che la decisione rischia di provocare un bagno di sangue sociale. La Virgin Atlantic del londinese Richard Branson ha già annunciato il taglio di 3.150 posti di lavoro e con la nuova misura potrebbe finire molto peggio. Secondo l'International Consolidated Airlines Group (Iag), il mega-gruppo che controlla British Airways, Aer Lingus, Iberia e le low-cost Vueling e Level, ci vorranno almeno tre anni perché il trasporto aereo torni ai livelli del 2019. Non a caso British Airways ha annunciato il taglio di 12mila posti di lavoro e un quarto dei piloti. L'industria dell'aviazione civile «si sta avvitando in una spirale mortale», avvisa il sindacato piloti Balpa.

A dare sostegno agli inglesi, come al solito, pensa la Regina. «Mai arrendersi, mai perdere la speranza», ha detto venerdì, 75esimo anniversario della vittoria delle Forze Alleate in Europa. «Le strade non sono vuote, sono piene d'amore», ha spiegato da Windsor. «Siamo ancora la nazione che quei coraggiosi soldati riconoscerebbero e ammirerebbero».

Parole buone per la tragedia sociale a cui il Paese si prepara.

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