Brexit, la paura di Bruxelles dopo il no: "Londra vuole diventare paradiso fiscale"

Oggi il discorso della May, che ha definito «inaccettabile» la bozza Ue

Brexit, la paura di Bruxelles dopo il no: "Londra vuole diventare paradiso fiscale"

«Temiamo che la Gran Bretagna tenterà di diventare un paradiso fiscale sotto il naso dell'Europa», dice l'europarlamentare della Cdu (gruppo Ppe), Burkhard Balz. Dopo aver presentato la bozza di intesa, che la premier Theresa May ha definito «inaccettabile», cresce la preoccupazione in Europa per le sorti delle trattative tra Unione europea e Regno Unito. «Passeremo al microscopio gli schemi fiscali sleali di alcuni Stati membri: lo scopo della nuova commissione è di mantenere la pressione e far capire agli Stati nazionali che il tempo dell'egoismo nazionale nella politica fiscale deve arrivare alla fine», ha insistito Balz.

In attesa del discorso che il capo del governo inglese pronuncerà oggi da Londra, dove ieri ha incontrato anche Donald Tusk, il presidente del Consiglio europeo ha ribadito che «per un commercio senza frizioni tra Ue e Regno Unito non ci possono essere alternative al mercato unico e all'unione doganale». E spiegato che chiederà alla premier britannica «se il governo del Regno Unito ha delle proposte per evitare la creazione di una frontiera dura fra la Repubblica d'Irlanda e l'Irlanda del Nord». «Ognuno deve sapere - ha detto Tusk - che la linee rosse del Regno Unito determinano la forma delle nostre relazioni future. Finora nessuno ha proposto una soluzione più saggia». E ancora: «Non ci può essere commercio senza frizioni fuori dall'unione doganale e dal mercato unico, la frizione è un effetto collaterale inevitabile della Brexit». Tusk ha sottolineato di avere «il pieno sostegno degli Stati membri della Ue» e di essere «assolutamente sicuro che tutti gli elementi essenziali della bozza saranno accettati» dai 27.

Intanto nel Regno Unito si riaccende il dibattito su un «errore di portata storica», come lo ha definito ieri l'ex premier britannico, il laburista Tony Blair, forte sostenitore di una Gran Bretagna all'interno della Ue e di un secondo referendum per ribaltare l'esito del precedente. Eppure da Bruxelles, l'ex leader laburista ha lanciato anche un appello alle istituzioni europee. «I leader europei avviino riforme all'interno della Ue in modo da aiutare i britannici a cambiare idea sulla Brexit - ha detto - Bisogna fare qualsiasi cosa sia possibile». L'ex premier poi tira per la giacchetta il suo partito: il Labour dovrebbe dire «quello che veramente pensa sulla Brexit», cioè che l'uscita dalla Ue «peggiorerà i problemi» invece che risolverli.

Ora la leader britannica si trova di fronte a un complicato rebus.

Mantenere aperto il negoziato con Bruxelles, salvare la fragile maggioranza che sostiene il governo (composta dal partito unionista nord-irlandese, contrario a soluzioni separate tra Nord e Sud dell'isola) e preservare la pace in Irlanda del Nord, siglata con lo storico accordo del Venerdì santo nel 1998 dopo trent'anni di lotta armata tra repubblicani e unionisti. Una sfida che non sarà affatto facile vincere.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica