Bruxelles a due facce: riapre l'aeroporto, violenze a Molenbeek

Primi voli (con polemiche sulla sicurezza) da Zaventem Chiesta la chiusura di una stazione «islamica» del metrò

Luigi GuelpaMolenbeek, il quartiere di Bruxelles jihadista per eccellenza, rimane una polveriera sul punto di esplodere. A farla da padrona, come per altro ha sottolineato il borgomastro Françoise Schepmans, sono i giovani maghrebini che si definiscono pacifisti, ma che non perdono occasione per scagliarsi contro giornalisti e forze di polizia, o per falciare passanti a bordo di auto di grossa cilindrata. Risulta difficile credere che non siano manovrati da frange jihadiste che hanno il controllo del quartiere. In molti, a partire dal movimento di destra Vlaams Belang, chiedono a gran voce la chiusura della fermata delle metro Ribaucourt, considerata base operativa di qualsiasi movimento di radicalizzazione del Belgio. «Tutti sanno che quella è una zona fuori controllo - ricorda il leader del partito di destra Tom Van Grieken - ma ogni volta che solleviamo la questione veniamo accusati di essere populisti, di estrema destra e razzisti».Ieri la capitale belga ha vissuto una giornata di calma apparente dopo gli scontri di sabato. Un migliaio di persone ha preso parte a «Music for Brussels, onecity, one love», in Place de la Bourse. Davanti al memoriale per le vittime degli attentati, artisti locali hanno suonato hit internazionali a sfondo pacifista. L'esatto opposto di quanto accaduto appunto sabato, con un centinaio tra arresti e fermi amministrativi da parte della polizia nel tentativo di disperdere gli assembramenti pro e antirazzisti che erano stati vietati alla vigilia. Tra quelli finiti in manette ci sono anche due ventenni di origini marocchine, Mohamed B. e Redouane D, autista e passeggero dell'Audi bianca impazzita che ha travolto una donna che stava attraversando la strada. L'auto ha forzato il cordone di sicurezza per poi essere bloccata dalla polizia. I due giovani, sotto l'effetto di alcool e anfetamine, sono stati posti ai domiciliari e nell'interrogatorio di garanzia hanno spiegato di essere fuggiti a velocità sostenuta «perché qualcuno, armato di estintore, voleva ucciderci». La vittima, che se l'è cavata per fortuna solo con qualche escoriazione, ha lasciato l'ospedale ieri mattina. A Zaventem intanto si è ripreso a volare. La Brussels Airlines, che ha perso 60 milioni di euro per la chiusura totale di 12 giorni dello scalo, ci ha messo tutto l'impegno di questo mondo, sfoggiando sulla fiancata del suo Airbus A320 una decorazione con nuvole e colombe su sfondo azzurro, in omaggio al pittore surrealista Renè Magritte. Il primo decollo dall'aeroporto dopo gli attentati del 22 marzo è avvenuto con un pizzico d'arte e di colore alle 13.40 di ieri, con destinazione Faro, in Portogallo, poi è stata la volta di due velivoli diretti ad Atene e Torino. C'è davvero voglia di voltare pagina a Bruxelles, ma alla fine, nonostante il messaggio di speranza lanciato dall'amministratore delegato dello scalo, Arnaud Feist, non tutto è andato per il verso giusto. Come riferiscono alcuni passeggeri atterrati nel pomeriggio a Faro, «è vero che non si può entrare nell'area partenze senza biglietto e che i bagagli vengono controllati fin dall'ingresso, però ai duty free non è cambiato nulla». Le attività commerciali hanno preso il sopravvento sulla sicurezza, e liquidi (alcool e profumi) e oggetti contundenti (forbici, coltellini, ecc) «sono stati venduti con la naturalezza di sempre e senza ulteriori accertamenti prima dell'imbarco». Situazione che era stata denunciata nei giorni scorsi dal sindacato della polizia aeroportuale, che contestava la riapertura dello scalo lamentando la mancanza delle necessarie misure di sicurezza.

Fondamentali se è vero che Yassine Alami, arrestato sabato per complicità con il jihadista francese Reda Kriket, avrebbe parenti tra la cinquantina di simpatizzanti Isis in servizio nello staff di Zaventem, frangente segnalato dal sito online Het Belang Van Limburg.

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