Bruxelles ha contenuto i danni e ora sta puntando sul rilancio

Gli spread ristretti e gli indici economici sugli investimenti parlano di una fiducia nella coesione Ue

Bruxelles ha contenuto i danni e ora sta puntando sul rilancio
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A volte un accordo non è un trionfo, ma neppure una sconfitta. È un punto fermo, una pausa che serve a respirare prima di riprendere il passo. L'intesa commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti firmata con Donald Trump ha il sapore amaro dei compromessi: dazi del 15% sulle importazioni europee in cambio di dazi zero sulle esportazioni verso l'America.

Olivier Blanchard e altri economisti parlano di sconfitta, il premier francese François Bayrou ne sottolinea le debolezze. La realtà è che Bruxelles si è seduta al tavolo da una posizione fragile, con l'industria automobilistica sotto pressione e la sicurezza appesa a fili sottili.

La diplomazia economica non è un duello alla pari, e questa volta Washington aveva più carte in mano. Ma la partita, per l'Europa, era soprattutto togliere un fronte aperto e liberare risorse.

I tassi della Bce sono stati normalizzati, Berlino prepara mille miliardi di euro per rivitalizzare la propria economia, il manifatturiero segna timidi segnali di risveglio. Non è il momento di rivendicare vittorie, ma di sfruttare il tempo guadagnato. Sul fronte monetario, il segnale di luglio di Isabel Schnabel è stato chiaro: la soglia per nuovi tagli ai tassi è alta. Lagarde conferma una politica di equilibrio, dove ogni mossa è dettata più dalla gestione del rischio che da entusiasmi improvvisi. Tradotto: nessun taglio quest'anno, forse nel 2026. Ma sotto la superficie, i mercati obbligazionari europei stanno cambiando pelle. La riforma dei fondi pensione olandesi sposterà miliardi da titoli sovrani a investimenti più redditizi, riducendo la domanda di debito a lungo termine. Con emissioni in aumento e una BCE meno presente come acquirente, la pressione sui tassi a lunga è destinata a crescere. Barclays prevede che nel 2026 l'emissione lorda raggiungerà 1.500 miliardi: numeri che impongono un monitoraggio costante. Eppure, paradossalmente, il rischio di credito sovrano è ai minimi da mesi. Gli spread ristretti e l'indice Sentix Euro Break-up ai minimi storici raccontano di una fiducia nella coesione europea. Troppa fiducia, forse. La storia insegna che i mercati euforici sono anche i più vulnerabili a shock improvvisi.

Fuori dall'eurozona, il Regno Unito combatte con un debito proiettato al 270% del Pil entro il 2070, schiacciato dall'invecchiamento demografico, dai costi pensionistici e dal peso della transizione climatica. Londra è un monito: senza riforme strutturali, i margini di manovra si consumano in fretta.

Per l'Europa, l'accordo con Trump non è il colpo di reni di un campione, ma la mossa prudente di un pugile che sceglie di incassare senza finire al tappeto. È il lusso della sopravvivenza in un mondo dove ogni tregua è solo l'inizio di un'altra battaglia.

E l'America? È una scommessa.

La governatrice del Michigan, la democratica Gretchen Whitmer ha incontrato Trump e lo ha messo in guardia sull'impatto dei dazi su quell'industria automobilistica che il presidente si è impegnato a salvare. Le tariffe rischiano di far perdere posti di lavoro. Trump resta convinto del contrario e su questo azzardo si gioca il suo governo.

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