Bugie e amici pericolosi I buchi neri di D'Alema

Le dichiarazioni dell'ex premier aprono dubbi sul suo ruolo nella compravendita di armi

Bugie e amici pericolosi I buchi neri di D'Alema

Qualcuno mente, nello strano affare dei quattro miliardi di aerei, sommergibili e navi da guerra che Leonardo e Fincantieri volevano vendere alla Colombia. Per essere precisi: o mente Massimo D'Alema, l'ex leader del Pds ed ex presidente del Consiglio, che mediando l'affare puntava a incassare una ottantina di milioni di provvigione; o mente Leonardo, che nega di avergli affidato alcun mandato. Di certo, chiunque abbia ragione, stupisce il giro di personaggi che ruotano intorno a D'Alema: che nelle interviste dichiara di lavorare con rispettabili colossi come Ernst&Young, ma poi si muove in questa vicenda circondato da personaggi improbabili.

Ieri Leonardo, l'ex Finmeccanica amministrata da Alessando Profumo, ha brontolato perché nelle cronache è stata presa di mira mentre Fincantieri, anch'essa coinvolta nella vicenda, è scivolata in secondo piano. La spiegazione è semplice. Fincantieri ha gestito le sue trattative con le autorità colombiane autonomamente, senza mai chiedere il sostegno del governo italiano. Invece Leonardo a metà dicembre, preoccupata dall'entrata in scena della concorrenza coreana, chiede aiuto a Palazzo Chigi. Il ministero della Difesa interviene, nella persona del sottosegretario Giorgio Mulè, che avvia i contatti con Bogotà. Ed è questo a rendere inspiegabile perché poco dopo venga avviata una trattativa parallela gestita da D'Alema e dai suoi collaboratori. A che serviva, oltre che a procurare a «Baffino» una provvigione colossale?

Per rispondere a questa domanda, servirebbe capire se e quali incarichi D'Alema abbia ricevuto da Leonardo. Ed è qui che le versioni divergono. Leonardo sostiene di essersi limitata a fornire un Nda (No-disclosure agreement, una trattativa riservata) allo studio legale di Miami Robert Allen, e di non avere poi siglato, a differenza di Fincantieri, alcun accordo definitivo; ieri sul Fatto l'azienda di Stato afferma testualmente che «se dallo studio Allan l'hanno passato a D'Alema sono problemi loro». Non ne sapevamo niente, insomma. Peccato che su Repubblica Massimo D'Alema affermi testualmente «io ho subito informato Leonardo e Fincantieri (...) ho parlato con il direttore commerciale di Leonardo». Quindi o D'Alema millanta o l'ex Finmeccanica sapeva bene che dietro lo studio di Miami c'era il nostro ex capo del governo.

Ma non è l'unica cosa che non torna. Nella sua intervista, D'Alema sostiene di avere appreso a un certo punto della faccenda che «non c'erano stati contatti a livello governativo». Non è vero, la trattativa era iniziata fin dal 2018, ma non è questo il dettaglio chiave. D'Alema aggiunge: «Ho parlato con l'ambasciatrice della Colombia. Non ne sapeva nulla. Ne sono rimasto sorpreso e ho provveduto a informare il viceministro della Difesa, Giorgio Mulè». D'Alema spiega di non avere incontrato personalmente Mulè, ma di averne ricevuto il via libera ad andare avanti. Il problema è che D'Alema non spiega perché si sia rivolto proprio a Mulè, che non conosce e che non era la figura istituzionale di riferimento. La spiegazione più ovvia è che a fare a D'Alema il nome di Mulè sia stata proprio l'ambasciatrice, che col viceministro era in contatto da tempo. Altro che «non ne sapeva niente».

E chi è il personaggio che il 17 febbraio va a incontrare Mulè per conto di D'Alema? Giancarlo Mazzotta, ex sindaco di un paese pugliese sciolto per mafia, lui stesso indagato per istigazione alla corruzione e altri reati. Lo stesso Mazzotta che, secondo la Verità, partecipa per conto di D'Alema ai vertici con gli interlocutori colombiani della fornitura. E che quando entra nell'ufficio di Mulè indica al sottosegretario proprio in D'Alema il suo mandante. Risultato: appena Mazzotta inizia a parlare di Colombia, aerei e Leonardo, Mulè lo sbatte fuori, invitandolo a tornare con un mandato ufficiale.

Che non c'è, e infatti Mazzotta non si fa più vedere. Ma esisteva invece un mandato informale? In ogni caso è bene ricordare che il reato di traffico di influenze scatta anche se gli appoggi politici vengono solo millantati.

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