Politica

La caccia ai fantasmi sulla "donna nera"

La leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni
La leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni

«Sono stufa delle analisi del sangue» è la (neanche tanto) battuta di Giorgia Meloni per i continui esami, talvolta anche al contrario dentro il mondo della destra, ma ancor più per stabilire il suo pedigree democratico da parte dei soloni del politicamente corretto. L'unica certezza, oltre al sangue rosso, è la campagna di demonizzazione ben orchestrata che la bolla come inadatta a guidare il paese per le inoppugnabili ombre fasciste sul suo passato, presente e futuro. Campagna scattata su alcuni giornaloni e non solo, fin dal primo giorno della caduta del governo Draghi. Oltre alla puntuale scoperta di fantasmi, ovviamente neri, negli armadi di Fdi, siamo addirittura alla cabala che furoreggia sui social. Il governo è caduto per andare a votare il 25 settembre e nel giro di un mese verrà formato quello nuovo dall'anima nera del centro destra il 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma, nel centenario del fascismo. Se non fosse da piangere verrebbe da ridere.

In realtà la campagna di demonizzazione è seria e non rappresenta una novità. Quando Berlusconi conquistò con i voti la presidenza del Consiglio iniziò la lunga «guerra» contro il Cavaliere nero. La caccia ai fantasmi del fascismo sono il sistema prediletto di che pensa che la democrazia è cosa loro e non scelta, giusta o sbagliata, degli elettori. Giorgia Meloni ieri è tornata a ribadire che «se qualcuno pensa di poter, sotto le nostre insegne, avere comportamenti che consentono alla sinistra di dipingerci come nostalgici da operetta sappia che ha sbagliato casa». Dentro alcune sacche di destra, ma soprattutto fuori, si stenta a capire che la possibile, ma non certa, prima donna a palazzo Chigi piuttosto che al passato sia rivolta al futuro con ideali conservatori ancora in parte da costruire e adattare ai tempi che cambiano fra guerre, pandemie e disastri climatici. Più facile, ma anacronistico, sventolare lo spauracchio del Duce in gonnella.

Per non parlare delle contorsioni giornalistiche sugli amici esteri impresentabili di Meloni, come i capi di governo polacco e ceco, che poi sullo stesso giornale vengono portati in palmo di mano per essersi schierati senza se e senza ma al fianco della lotta per la libertà degli ucraini. Oppure stigmatizzare l'ombra «nera» di Steve Bannon, che è un angioletto rispetto ai combattenti del reggimento Azov esaltati lo stesso giorno sulla stessa testata. Gente tosta che combatte strenuamente contro l'invasore, ma non rendersi conto delle nostalgie naziste di Azov e al contempo puntare il dito contro Meloni per memorabilia nostalgici è come cercare la pagliuzza e non vedere la trave.

Non c'è alcuna emergenza democratica che aleggia sul voto e sinceramente pure la sfida all'Ok Corral, Letta e Meloni, lei o lui, da tutte le due parti della barricata, suona un po' stucchevole. Mia figlia come in tante altre famiglie italiane ha appena compiuto 18 anni e andrà a votare per la prima volta. Da genitore e cittadino preferirei che la sua e mia scelta nelle urne dipendesse dal confronto dei programmi, dalla visione per l'Italia oggi e nel futuro dei diversi schieramenti.

E non dalla solita caccia ai fantasmi neri o rossi.

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