Guerra in Ucraina

"Caccia a cellule ucraine dormienti prima o poi li prenderemo tutti"

Il vicecapo della polizia di Zaparova: "Un po' di gente è andata via ma la maggioranza resta vicino a noi filorussi"

"Caccia a cellule ucraine dormienti prima o poi li prenderemo tutti"

«Qui l'Ucraina e i suoi servizi restano una minaccia. L'ultimo complotto l'abbiamo sventato prima della parata del 9 maggio scorso. Abbiamo scoperto una cellula dormiente pronta a mettere una bomba lungo il tragitto del Reggimento degli immortali. Progettavano una strage, ma per fortuna li abbiamo presi in tempo. Tuttavia questi sono casi estremi perché, come vede, la città è tranquilla».

Alexei Livanov, 40 anni, numero due della polizia del governatorato di Zaporizhzhia e capo di quella di Melitopol, sa bene cosa pensiamo mentre ci accompagna per le strade della sua città, nell'Ucraina sud-orientale, su una delle sue auto. Sa bene che in Italia ed Europa circolano le stime secondo cui buona parte della popolazione avrebbe lasciato la città per fuggire l'invasione russa. Sa bene che sbirciando dai finestrini Melitopol sembra più addormentata che tranquilla. Anche perché sui vialoni non c'è un filo di traffico. E sui marciapiedi i passanti sembrano quelli di Ferragosto in una grande città italiana.

«È vero - ammette - un po' di gente è sicuramente andata via, ma credetemi i numeri diffusi dalla propaganda di Kiev sono assurdi. Molti uomini sono stati mobilitati fin da prima del 24 febbraio dagli stessi ucraini e quindi sono stati costretti a servire nelle loro forze armate. Altri erano parte dell'amministrazione nazionalista e quindi sono fuggiti. Altri certamente se ne sono andati con le famiglie dopo il 24 febbraio. Però la maggioranza della popolazione resta comunque vicina a noi e ai russi. Un'altra parte rilevante vuole semplicemente vivere senza problemi. Poi ovviamente c'è chi odia i soldati di Mosca e quelli come me che si considerano parte del popolo russo. Ma questo è naturale. Per otto anni qui la propaganda dei nazionalisti e della televisione di Kiev è stata martellante. Ci hanno dipinto come dei mostri. Per questo cerchiamo di rassicurare chi è rimasto e garantire il rientro di chi vuole tornare».

Però lei stesso ammette che ci sono ancora cellule dormienti pronte a opporsi alla presenza russa...

«Sì, ma sono gruppi piccolissimi. Sono formazioni create dai servizi segreti di Kiev che hanno distribuito le armi a individui particolarmente fidati selezionati durante il servizio militare nel loro esercito. Ma i più pericolosi erano i gruppi criminali. Kiev li pagava per controllare la popolazione di questa zona e per usarli contro di noi. Quelli però li abbiamo sgominati. Sono stati tutti arrestati nelle prime settimane. Ora ci troviamo a fronteggiare una minaccia veramente assai ridotta. Comunque abbiamo i nomi di quasi tutti quelli che hanno ricevuto armi da Kiev. Prima o dopo li prenderemo».

In passato qui è stato arrestato anche il sindaco Ivan Fedorov. Di cosa lo accusavate?

«Ivan Fedorov era un sindaco per modo di dire. Voi in Europa lo avete trasformato in una sorta di eroe, ma non è così. Lui è un esponente di quella nuova guardia venuta alla ribalta dopo il colpo di stato del 2014. Personaggi senza grandi capacità a cui sono state affidate cariche e posti di potere solo perché erano legati ai gruppi nazionalisti. Ma il signor Fedorov ha fatto anche di peggio. Oltre a non occuparsi dei problemi della città ha finanziato i gruppi dell'estremismo nazionalista. Ed ha lavorato per i servizi segreti di Kiev. Non a caso oggi continua a fare propaganda per loro».

Vi accusano di reprimere e perseguitare chi non accetta il controllo russo...

«Guardi, io e la mia famiglia siamo di Kiev. Nel 2014 sono stato massacrato di botte e ridotto in coma dai nazionalisti. Sono uscito dall'ospedale dopo due mesi e mi sono rifugiato a Lugansk. Oggi sono qui, ma la mia famiglia è dovuta fuggire in Europa per non venir ammazzata. Questa guerra non l'ha certo iniziata l'esercito russo. In questi territori vivono tantissimi ucraini come me. Siamo tutti fuggiti dalle violenze dei nazionalisti.

E sogniamo tutti di tornare alle nostre case e rivedere i nostri cari».

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