Quella caccia alle deleghe in assemblea

La famiglia rappresentò 18mila azioni. Ma ne avevano meno di 1.000

Quella caccia alle deleghe in assemblea

Certo che sfrontata è sfrontata. Ripete che «noi avevamo soltanto 10mila euro in azioni». Ma ciò che sostiene Maria Elena Boschi (anche giovedì sera in faccia a Marco Travaglio a Otto e mezzo) è solo una mezza verità. Quelle che piacciono alla dama di Laterina. Dietro c'è tutto un sottobosco a conferma di come i Boschi ronzassero attorno a Banca Etruria da 10 anni e di perché Maria Elena, una volta diventata ministro, tenesse così tanto a salvarla o a non vederla finire in mani «sbagliate». Quell'istituto le premeva molto, altrimenti non si spiegano i viaggi privati a Milano, gli incontri con Vincenzo Consoli di Veneto Banca, con Giuseppe Vegas di Consob, con Federico Ghizzoni di Unicredit, propinando a tutti la solita minestra: la preoccupazione per quella banca ormai in una fossa, dove padre e fratello lavoravano.

Già a 27 anni Maria Elena votava alle assemblee di Banca Etruria, come in quella del 27 aprile 2008 e possedeva già delle azioni (1.557 come disse lei). Così come suo fratello Emanuele, assunto nell'istituto 6 mesi prima. Quel giorno era presente all'assemblea insieme alla sorella. Con loro c'era anche Carlo Donati, il futuro probiviro della banca e padre del deputato Pd Marco Donati. E La Castelnuovese Scrl, rappresentata dall'ex presidente (oggi sotto indagine), il geometra Lorenzo Rosi. A quelle assemblee era prassi il sistema le deleghe fasulle per far passare decisioni irregolari. Molti votavano per persone inesistenti, anche famiglie intere, voti utili per far passare i bilanci impresentabili. Nella clamorosa assemblea del 2011, che l'ex funzionario del rating Sergio Staderini, dimessosi dopo aver scoperto strani magheggi, definisce «l'omicidio della democrazia», vennero scoperte dentro le urne schede già votate. Significativa l'ultima assemblea del 4 maggio 2014 (nove mesi prima del commissariamento) quando il bilancio venne camuffato per poter passare i pareri del cda e delle società di revisione. A quell'assemblea in prima fila ci sono i Boschi: padre, madre e entrambi i fratelli di Maria Elena. In quell'assemblea vengono votati anche compensi, premi e buonuscite, oggi nel mirino dei pm. Qualcosa puzza però: su 5.331 soci, solo 1.998 sono presenti, 3.301 ci sono per delega. Deleghe singolari e sospette. Come quelle presentate dalla famiglia Boschi. Mamma Stefania Agresti (100 azioni) porta 5 persone (482 azioni), il figlio Pier Francesco (347 azioni) altre 5 (6.

954 azioni), papà Pier Luigi (100 azioni) rappresenta ben 10 società (10.810 azioni) e l'altro figlio Emanuele (1.847 azioni), che della banca è stato dipendente, unico a votare in proprio. Ma la Boschi con Etruria non c'entra niente.

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