Milano Ha lavorato di fino, in silenzio, senza inorridire davanti al sangue e ai liquidi che il corpo sprigionava. Ha segato con calma la testa, faticando un po' per separare le vertebre cervicali. Con le braccia e le gambe è stato più facile. Poi, appena i resti hanno smesso di grondare, li ha raccolti e li ha portati lì, nel capanno della spazzatura dove tanti buttano di tutto, nel consueto andazzo delle case popolari, dove le colpe di chi sporca si assommano a quelle di chi non raccoglie. Lì, nel gabbiotto delle case alla Bovisasca, arrivano a volte materassi, pezzi di arredo, scatoloni di ogni genere e contenuto. Non c'era mai arrivato un cadavere fatto a pezzi.
Il fumo acre che la sera di sabato si è levato sul quartiere - periferia nord della metropoli, tra fabbriche e dismesse e esperimenti di rilancio - era un fumo diverso da quello dei tanti fuochi che la mafia dei rifiuti accende anche da queste parti quando vuole chiudere nel modo più economico una discarica abusiva. Le fiamme levate alte a illuminare la notte non bruciavano solo plastica, stavolta. Bruciavano carne e ossa; distruggevano quello che era stato probabilmente di un uomo, ne cancellavano la fisionomia e l'identità.
Ciò che è rimasto non è intellegibile a occhio nudo. Ci vorrà la sequenza del Dna annidata tenacemente nei resti per capire chi fosse quell'essere umano.
I vigili del fuoco erano arrivati in via Cascina dei Prati in prima serata, bombardati dalle telefonate di inquilini dei palazzi Aler del grande condominio, che avevano visto levarsi il fumo dal deposito della spazzatura. Che non fosse colpa di un mozzicone gettato a casaccio, i pompieri lo hanno intuito prima ancora di domare l'incendio, perché sembrava avere preso spunto in angoli diversi. Anche per questo, per capire meglio l'origine delle fiamme, dopo avere spento il fuoco si sono addentrati nel capanno. E si sono trovati di fronte ai resti. In quell'istante è finito il loro lavoro ed è iniziato quello della Squadra Omicidi.
Sesso e età approssimativa: queste sono le prime risposte che dovrebbero venire dall'autopsia prevista per oggi. Più complesso, visto lo stato del corpo, sarà individuare le cause della morte. E ancor più difficile rischia di essere dare un nome e cognome alla sventurata vittima, almeno agli inizi. Le creste papillari potrebbero essere rimaste danneggiate dal fuoco, rendendo difficile prelevare le impronte. Ma il Dna sopravvive anche ad alte temperature. E a quel punto si cercheranno corrispondenze possibili nell'elenco delle persone scomparse o nel database nazionale dei pregiudicati.
Nel frattempo gli investigatori della Omicidi, coordinati dal pm Paolo Storari, interrogano a tappeto gli abitanti del vasto complesso. È probabile che delitto e sezionamento siano avvenuti nei pressi, se non addirittura in un appartamento, perché un estraneo che si avvicinasse al locale rifiuti sarebbe stato notato. E se tutto è accaduto in Bovisasca la pista principale è quella di un delitto avvenuto in un contesto privato, familiare, o comunque di relazioni strette.
La dinamica non è da
esecuzione malavitosa, e semmai ricorda il modo brutale e maldestro con cui un giovane pregiudicato e sua madre cercarono nel 2017, sempre a Milano, di liberarsi del corpo di un socio d'affari accoltellato e poi asfissiato.
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