Calabria, indagato Occhiuto. "Io? Rigore assoluto"

La solidarietà immediata dello stato maggiore di Forza Italia non ripaga Roberto Occhiuto da una notizia inattesa che suona comunque come una condanna anticipata

Calabria, indagato Occhiuto. "Io? Rigore assoluto"
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La notizia la dà lui stesso con un video che rimbalza alle 21.26 su Instagram e Whatsapp: «Sono indagato per corruzione». Il governatore della Calabria Roberto Occhiuto (nella foto) sorride amaramente mentre racconta di aver ricevuto «per la prima volta in vita mia» un avviso di garanzia. Per evitare di farsi cucinare dal solito cortocircuito mediatico-giudiziario che si autoalimenta chiede di parlare alla Procura di Catanzaro: «Sentitemi subito, controllatemi tutto».

Una parola sola, «corruzione», che lo manda ai matti, nient'altro, «mi dicono nell'ambito di un'inchiesta più ampia, che coinvolgerebbe più persone». Lui è al buio, il suo staff è incredulo. «Corruzione a me? Che in questi anni ho gestito la Regione con un rigore assoluto?», insiste il governatore azzurro, per nulla sereno «perché essere iscritto nel registro degli indagati è infamante, come mi avessero accusato di omicidio». Il clima sullo Stretto è incandescente come a Milano, lo scontro con le toghe più ideologiche su separazione delle carriere, immigrazione, grandi opere e riforme si sente anche da quelle parti. E il sospetto di un'indagine verso uno dei pochissimi governatori del Sud fin qui immacolato rispetto ad altri suoi colleghi puzza per il tempismo con le prossime Regionali. Ma Occhiuto è diverso, lui alla magistratura crede talmente tanto che nel video ricorda: «Agli inquirenti dico sempre che qui bisogna indagare, indagare, sempre indagare». Il timore è che si sia dato credito ai soliti de relato tutti da dimostrare di chi millanta rapporti e amicizie pur di accreditarsi con mondi loschi che in Calabria abbondano.

La solidarietà immediata dello stato maggiore di Forza Italia non lo ripaga da una notizia inattesa che suona comunque come una condanna anticipata, soprattutto se da quattro anni guidi una Regione complicata vivendo quasi allo stato monacale, rinunciando a cene e incontri per evitare qualsiasi sospetto, con pochissima gente ammessa nel cerchio magico e ancora meno alla porta del suo ufficio nella cittadella regionale dove vive quasi da recluso e senza che alle 23 abbia ancora scelto un legale per difendersi. «Non ho nulla da temere», insiste.

Il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani mette le sue mani e tutte quelle

del partito sul fuoco: Occhiuto uomo perbene, sono certo della sua innocenza», il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri lo incoraggia, «fa bene a reagire con veemenza perché gli onesti vanno valorizzati, non aggrediti».

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