Un call center per dire no al libro gender

Maria Sorbi

La favola di Zaff racconta di un bambino che si vuole vestire da femmina. E che preferisce fiocchi tra i capelli e tacchi alti alle scarpette da calcio. Le due autrici del libro spiegano con orgoglio che quella che raccontano è la storia della «principessa col pisello». Il libro circola in parecchie scuole dell'infanzia ed è uno degli strumenti con cui gli insegnanti promuovono l'educazione gender. Per dare voce alle famiglie che dicono no alla gendermania, la Regione Lombardia ha aperto un call center. Il numero verde servirà anche per denunciare i casi di bullismo e di razzismo che si verificano a scuola.

«Vogliamo fermare il lavaggio di cervello che viene fatto ai nostri figli per introdurre un'ideologia - spiega l'assessore regionale alle Culture Cristina Cappellini -. Diciamo no a questo indottrinamento su temi come l'educazione sessuale che invece vanno trattati in famiglia». La Lombardia non arriverà all'estremo del sindaco di Venezia, che ha vietato l'adozione dei libri di testo gender nelle scuole, ma vuole dare uno strumento ai genitori «tradizionali». L'obbiettivo della giunta di Maroni è quello di «difendere il diritto all'educazione» da parte delle famiglie. Ognuno come meglio crede. Spesso i genitori acconsentono ai programmi scolastici senza capire bene in cosa consisteranno le lezioni.

E dopo qualche mese scoprono che ai bambini viene spiegato come invertire i ruoli e come sia normale l'esistenza di una famiglia con due mamme o con due papà. Durante i mesi scorsi sono piovute telefonate di protesta in Regione e dal prossimo anno scolastico ci sarà un servizio di sostegno.

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