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"Cambiare il governo si può"

Il Cavaliere: "Agli alleati dico: se non ci fanno votare abbiamo il dovere di provarci. I pm? Ora la verità viene a galla"

"Cambiare il governo si può"

Presidente Berlusconi, il centrodestra è tornato in piazza unito dopo un mese dalla manifestazione simbolica del 2 giugno. È andata come pensava?
«Mi è sembrata una bella manifestazione, organizzata tra l'altro, come mi ero raccomandato, nel pieno rispetto delle norme sanitarie per evitare contagi. Ho visto una piazza che non si è limitata a fornire una rappresentazione plastica del dissenso del centrodestra e dunque di milioni di italiani nei confronti di questo governo, ma dalla quale sono emerse proposte e, soprattutto, un punto di vista comune. Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia sono partiti diversi, ma stretti in un'alleanza molto solida basata su valori condivisi e un grande - e moderno - progetto di governo. A Matteo Salvini e Giorgia Meloni mi lega un rapporto di amicizia e di affetto e li ringrazio per avere manifestato ancora una volta nei loro interventi dal palco la loro vicinanza per la drammatica persecuzione di cui sono stato vittima e il loro sdegno per quanto accaduto».

Quel titolo sulla Repubblica dell'altro giorno «Berlusconi: siamo pronti a dare i nostri voti a un nuovo governo» ha irritato i suoi alleati di centrodestra. Tutto chiarito?
«Spesso i titolisti dei giornali ricorrono a semplificazioni che possono creare degli equivoci. Non direi però che vi siano stati malintesi con gli alleati: anche loro hanno letto le mie dichiarazioni e mi hanno dato atto che erano profondamente diverse dal titolo di Repubblica. Il centrodestra, l'ho ripetuto spesso negli ultimi mesi, è una coalizione la cui ricchezza sta proprio nella diversità: rispetto ai nostri alleati, noi parliamo un linguaggio diverso perché abbiamo una cultura politica diversa. Noi siamo liberali, cristiani, europeisti, garantisti, siamo l'unica forza politica in Italia a far propri e ad esprimere compiutamente i valori dell'Occidente, siamo i soli rappresentanti della grande famiglia della democrazia e della libertà in Europa, i Popolari europei, la più grande forza politica d'Europa, che si colloca al centro in alternativa alla sinistra. Per questo siamo parte essenziale di un centrodestra moderno, vincente, credibile nel mondo, in grado di governare. Ogni tentativo di dividerci è destinato a fallire, perché - al di là delle differenti sensibilità - ci uniscono lealtà reciproca e un comune valido progetto per l'Italia».

Però è innegabile che dietro le quinte qualche cosa si stia muovendo per cercare una alternativa a questo governo...
«La via maestra, lo diciamo tutti da tempo, rimane quella di restituire la parola agli italiani perché vi sia finalmente un governo espressione della volontà degli elettori, dopo quasi dieci anni da quando il nostro governo venne fatto cadere da una congiura di Palazzo. Tuttavia mi rendo conto che la strada per le elezioni sia particolarmente difficile, sia per le ovvie resistenze del ceto politico, sia per motivi oggettivi legati all'emergenza sanitaria ed economica. Se quindi non fosse possibile andare alle urne in tempi brevi, rimarrebbe il problema di cambiare un governo e una maggioranza oggettivamente inadeguati. Voglio essere molto esplicito: io non credo che in questo Parlamento vi siano le condizioni per dare vita a un governo adeguato alla gravità della situazione del Paese. Se tuttavia molti parlamentari si rendessero conto della necessità di anteporre all'interesse personale o all'appartenenza di partito il bene collettivo, se alcune forze politiche fossero disponibili a dare vita a un governo diverso e migliore di questo, forse sarebbe il caso di parlarne. Fra l'ipotesi di tenerci per altri due o tre anni il governo Conte, con i Cinque Stelle come azionisti di riferimento e quella di avere un governo diverso, più autorevole, più credibile in Europa e nel mondo, che faccia una politica adeguata per uscire dalla crisi, che sia più in sintonia con la maggioranza degli italiani, io dico che vale la pena almeno di pensarci. Il centrodestra potrebbe ragionarne insieme - se mai ve ne fosse la possibilità concreta - e insieme decidere come comportarsi».

Leggiamo di grandi manovre al Senato per rubarsi a vicenda senatori. Le risulta?
«Questo è un Parlamento nel quale sono nate maggioranze precarie, mai volute dagli elettori. Non è sorprendente che in una situazione così anomala anche molti parlamentari compiano scelte anomale. Anche se per quanto riguarda Forza Italia trovo nel gruppo grande compattezza ed entusiasmo».

Nei giorni scorsi è stato scritto che lei ha un buon rapporto personale con il premier Conte, il quale non perde occasione di elogiare il senso di responsabilità di Forza Italia...
«Noi siamo responsabili verso le istituzioni e verso gli italiani, lo saremmo verso qualunque esecutivo governasse il Paese in un'emergenza. L'emergenza è il momento della collaborazione, non delle polemiche. Sono lieto che il presidente Conte lo apprezzi, mi piacerebbe però che al di là della cortesia personale la sua maggioranza desse seguito a un rapporto di vera e non soltanto formale collaborazione con l'opposizione. Fin qui, forse per il veto dei Cinque Stelle, hanno voluto fare tutto da soli. Si potrebbe dire che questa maggioranza è troppo debole per accettare la nostra collaborazione. Ma così si fa il male degli italiani».

Nel caso non improbabile di crisi di questa maggioranza, lei esclude che si possa tornare alle urne?
«Non lo escludo affatto, anzi lo auspico».

Dopo la rivelazione del famoso audio del Giudice Amedeo Franco il «plotone di esecuzione» cui faceva riferimento il giudice pare averla rimessa nel mirino, almeno in quello mediatico. Pare che lei piaccia ai suoi avversari solo se resta buono e zitto....
«Sono 26 anni che io, la mia famiglia, i miei amici, i miei collaboratori, le aziende che ho fondato, la forza politica a cui ho dato vita, siamo nel mirino di una gigantesca operazione mediatico-giudiziaria di cui forse finalmente oggi stanno emergendo i contorni e le dimensioni clamorose. Quindi davvero non mi stupisco più di nulla. Quello che mi interessa è che gli italiani si rendano conto che la rappresentanza democratica in questi 26 anni è stata continuamente e gravemente alterata da interventi giudiziari anomali, orientati politicamente. In un quarto di secolo alcuni uffici giudiziari hanno agito sistematicamente e costantemente con il solo scopo di distruggere un leader che aveva impedito alla sinistra di prendere il potere, dopo che Mani Pulite aveva fatto piazza pulita dei partiti della prima Repubblica. Non gli si perdona di avere osato costruire un partito liberale di massa, di essersi posto come campione della borghesia, di avere tentato di trasformare l'Italia un Paese davvero occidentale, libero e liberale, di avere sinceramente creduto, come dice la Costituzione americana, che tutti gli uomini sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità e di avere provato a dare attuazione a questi principi nella politica italiana. Insomma un leader davvero inaccettabile dalla sinistra, e per di più scelto per tre volte come presidente del Consiglio dalla maggioranza degli elettori. Non ci sono riusciti perché nonostante tutto tanti italiani hanno creduto in me, mi hanno dato segni tangibili della loro vicinanza, della loro stima, del loro affetto anche nei momenti più difficili. Questo sul piano umano mi ha ampiamente risarcito, ma sul piano politico il problema rimane aperto: è un problema enorme, che riguarda la sovranità popolare usurpata, le regole democratiche sovvertite, la libertà dei cittadini violata. Tutte cose inaccettabili e che non avrei mai creduto possibili in una grande democrazia dell'Occidente».

Quell'audio chiude il cerchio del complotto contro di lei o pensa che alla verità manchi ancora qualche tassello?
«Abbiamo chiesto una Commissione d'inchiesta proprio per chiarirlo. Vede, uno dei campioni del peggiore giustizialismo, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, sosteneva che il sospetto è l'anticamera della verità. Io rispondo con le parole di Giovanni Falcone: Il sospetto è l'anticamera del khomeinismo. La nostra cultura garantista ci impedisce di essere come loro: noi non usiamo contro i nostri avversari l'arma dell'insinuazione, della maldicenza, del pettegolezzo, dell'accusa indimostrabile. Noi diciamo che qualcosa di grave è certamente accaduto e che merita di essere chiarito, nell'interesse di tutti gli italiani e della stessa magistratura onesta, corretta, coraggiosa, che è la gran parte dell'ordine giudiziario e che non merita di essere accomunata ai comportamenti gravemente scorretti di alcuni suoi esponenti. Il chiarimento deve avvenire nella sede istituzionale più alta e pubblica possibile, una Commissione parlamentare di inchiesta, perché non è stato fatto del male solo a me e alla mia parte politica, è stato fatto del male alla democrazia rappresentativa e alla sovranità popolare che sta alla base della Costituzione».

Lei si è fatto un'idea di cosa intendesse Franco quando dice che certe cose erano state decise «in alto»?
«Ne ho un'idea, ma - lo ripeto - ne parlerò soltanto nelle sedi giudiziarie e istituzionali competenti. Non è mia abitudine lanciare accuse generiche sui giornali. Tenga presente che quei documenti sono a disposizione di un giudice sovranazionale da quasi cinque anni. Ne abbiamo fatto un uso strettamente processuale e mi stupisco che parte della magistratura italiana intervenga su un argomento, in ricorso alla Cedu, tentando di influenzare negativamente il processo in corso. L'incredibile è che a fare ciò sono proprio quei magistrati che mi accusavano, strumentalmente ed erroneamente, di volermi allora difendere fuori dai processi e oggi si lamentano per una vicenda chiaramente processuale. Sarà la Cedu a decidere della rilevanza in punto di diritto di un documento il cui contenuto e significato sono comunque incontrovertibili».

Pensa che il giudice Palamara, per sua ammissione al centro degli intrighi giudiziari degli ultimi vent'anni, possa essere utile alla ricerca della verità?
«Le dichiarazioni del giudice Palamara sono state molto importanti perché hanno tolto il velo sulle pratiche gravissime che determinavano le scelte ai vertici dell'autogoverno della magistratura. Sono pratiche che danneggiano prima di tutti i magistrati bravi, seri ed equanimi. Essi vedono privilegiata nelle carriere e nelle destinazioni quella componente minoritaria della magistratura che invece persegue un disegno politico, ideologico o semplicemente carrieristico, piegando a questo le regole e le esigenze del fare giustizia, che dovrebbe essere esclusivamente in nome del popolo italiano. Si è visto come per questo non si esiti ad avere un atteggiamento persecutorio nei confronti degli avversari politici, in questo caso Salvini, in tante altre circostanze Berlusconi e le persone a lui più vicine. Mi auguro che Palamara vada avanti fino in fondo nel disvelare la verità».

Il suo partito e il suo popolo chiedono a gran voce la sua riabilitazione. Basterà quella giudiziaria o si batterà anche per quella politica?
«Dal punto di vista giuridico come lei certamente ben sa sono già stato riabilitato. La riabilitazione politica non è mai stata necessaria e comunque è già avvenuta da tempo. Ho il privilegio di rappresentare l'Italia nel Parlamento Europeo, dove ho ritrovato la stima e l'affetto dei colleghi leader di tutt'Europa, molti dei quali capi di Stati e di governo. Ho un record assoluto: in ventisei anni, gli italiani hanno votato il mio nome in totale più di 200 milioni di volte. Anche alle ultime elezioni Europee sono il leader che ha ottenuto più voti di preferenza in proporzione ai voti di lista del suo partito. Dunque non ho alcun bisogno di riabilitazioni politiche, e neppure morali. Quella della Corte europea è un dovere verso la verità, più che verso di me».

Ieri il Corriere scriveva: «Berlusconi torna al centro della scena politica...». Al centro di solito si danno le carte: Forza Italia ha un buon mazzo?
«Ha un buon mazzo di idee, certamente, per far uscire il Paese da questa drammatica situazione. Uno choc fiscale con la flat tax e un significativo abbassamento delle aliquote per tutti, una vera pace fiscale per gli italiani in difficoltà, un semestre bianco del fisco nel quale si interrompa qualunque pagamento a carico di cittadini e imprese verso la pubblica amministrazione, un grande piano di infrastrutture e un grande piano per la casa per far ripartire l'economia, tagli alla burocrazia con l'abolizione del sistema delle licenze preventive e la sospensione del codice degli appalti, una vera riforma della giustizia che renda il sistema giudiziario efficiente e affidabile per le imprese e gli investitori e allo stesso tempo garantisca davvero le libertà e i diritti dei cittadini, compresi i diritti politici. Abbiamo messo queste idee a disposizione di tutti con spirito costruttivo e senso di responsabilità. La nostra collocazione è dalla parte degli italiani, dalla parte dell'Italia produttiva, del lavoro e dell'impresa, che oggi è in grave sofferenza».

Rimanendo nella metafora, il jolly può essere l'Europa, cioè essere l'ago della bilancia tra sovranisti ed europeisti?
«Noi siamo europeisti non perché l'Europa così com'è ci vada bene, ma perché crediamo nel sogno dei padri fondatori d'Europa, De Gasperi, Adenauer, Schuman, Gaetano Martino: un'Europa davvero unita da comuni valori, da una comune visione delle società aperte e libere dell'Occidente, solidale al suo interno, capace di un ruolo attivo nel mondo, sulla base di questi valori, grazie a una politica estera e di difesa comune. Nel XXI secolo il mondo ha di fronte nuove sfide, la più grave e la più immediata delle quali oggi sembra essere quella della Cina, comunista e imperialista insieme. È una sfida economica, geo-politica e in prospettiva anche militare. È una sfida che ci riguarda direttamente, sia perché la Cina guarda all'Europa e al Mediterraneo, come dimostra il progetto della Via della seta, sia perché l'espansionismo cinese in Africa potrebbe suscitare una nuova e più formidabile ondata migratoria, magari non spontanea, verso le nostre coste. Negli Stati Uniti vi è la consapevolezza della portata di questa sfida, ma vi è anche l'illusione di poterla affrontare in modo bilaterale, solo nel Pacifico. Se questo accadesse, l'Europa si ritroverebbe abbandonata a se stessa. Cosa potrebbero fare i nostri singoli Paesi, persino i più ricchi o potenti come la Germania e la Francia, di fronte a un conflitto - anche non armato - di tali dimensioni? E che dire dell'Italia? Come direbbe il nostro più grande scrittore, Alessandro Manzoni, saremmo come un vaso di terracotta in mezzo a tanti vasi di ferro. Finiremmo semplicemente frantumati. Per questo l'Europa è importante per l'Italia, perché solo unendosi gli europei avranno la forza politica e militare di affrontare queste sfide. Per queste stesse ragioni è importante anche che l'Europa sappia svolgere il suo ruolo nel mondo, diventando elemento di aggregazione dell'Occidente, di chi ne condivide i valori, quindi oltre al Vecchio continente, gli Stati Uniti e gli altri Paesi della Nato, ma anche la Russia, che in questa sfida globale va vista come un alleato e non come un competitore».

Oltre che in tribuna a vedere il suo Monza, lei si immagina dove potrà essere nel 2021?
«Alla mia scrivania, come sempre, a lavorare per gli italiani e per le idee liberali in cui credo».

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