Il cambio di rotta e gli inchini allo Zar. Donald nel mirino: "Troppo debole"

Niente sanzioni, l'applauso "oscurato", la fuga dai giornalisti. La stampa Usa attacca

Il cambio di rotta e gli inchini allo Zar. Donald nel mirino: "Troppo debole"
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"Non c'è accordo finché non c'è un accordo". Donald Trump non si è nascosto dietro le parole per fotografare con una frase l'esito dello "storico" vertice di Anchorage. Per il dealmaker in chief, il negoziatore in capo, come amano chiamarlo i suoi, è l'ammissione, se non di una sconfitta, di una battuta d'arresto. Del resto, la guerra in Ucraina che doveva finire "in 24 ore" dal suo secondo insediamento alla Casa Bianca rimane una spina nel fianco di una Presidenza che finora, al netto delle iperboli e delle maiuscole con le quali il tycoon riempie i suoi post sui social media, ha messo a segno una notevole serie di vittorie politiche.

La stampa Usa, non solo quella liberal, è impietosa nel segnalare le debolezze del presidente di fronte all'ospite russo. A cominciare dall'applauso col quale Trump ha accolto Vladimir Putin sulla pista della base militare Elmendorf-Richardson.

Non è un caso che sui social media della Casa Bianca l'applauso sia stato oscurato, mentre invece è stato esaltato su quelli del Cremlino. Oppure il "passaggio" sulla "Bestia", la limousine presidenziale, per raggiungere l'edificio che ospitava il vertice, unico momento di vero faccia a faccia tra i due leader, dopo che il formato del summit era stato modificato all'ultimo per includere i consiglieri più stretti. "Trump ha steso il tappeto rosso per Putin. In cambio ha ottenuto ben poco", è il commento del Wall Street Journal. Eppure, a dispetto di quanto dichiarato a Fox News sull'Air Force One in volo per l'Alaska, "se l'incontro non va bene, mollo tutto e torno a casa", Trump è rimasto ad Anchorage fino alla fine, sebbene sia stato costretto a giocare la partita con regole diverse dalle solite. Niente botta e risposta coi giornalisti; nessuna domanda nella conferenza stampa finale. Più che una scelta della Casa Bianca, la cautela è parsa una concessione ai desiderata russi. "Presidente Putin, quando smetterà di uccidere i civili?", era stato chiesto allo zar appena sceso dall'aereo, mentre posava con Trump per la foto di rito. Domanda liquidata con un gesto della mano: "Non sento".

Non è un caso che a vertice concluso, Trump si sia concesso nuovamente alle telecamere di Fox News, la tv amica che ha raccontato il vertice come un grande successo diplomatico, per ristabilire la "sua" narrativa. E anticipare la prossima mossa: "Ora spetta a Zelensky e agli europei". Quanto alle sanzioni secondarie contro il petrolio di Mosca, quelle che metterebbero veramente in ginocchio l'economia russa, "ci penserò tra due-tre settimane".

Il tycoon non può dirlo, ma di mezzo c'è la Cina e l'accordo commerciale che Washington e Pechino stanno negoziando con fatica. Per riprendere il controllo del racconto, Trump ha poi fatto ricorso al suo strumento preferito, Truth Social, col quale detta i tempi delle giornate politiche, delle trattative commerciali e di quelle diplomatiche: per mettere fine alla guerra meglio andare "direttamente a un accordo di pace" che a "un semplice cessate il fuoco" che, la chiosa "spesso non viene rispettato".

Un cambio di rotta totale rispetto al giorno prima. "Senza un cessate il fuoco non sarò contento", aveva detto. "Trump fa marcia indietro", riassumono gran parte dei media. "Trump rifiuta il cessate il fuoco", titola Fox News, come se Putin glielo avesse offerto.

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