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Camici, inchiesta flop. Prosciolto Fontana: "Il fatto non sussiste"

Dopo tre anni di gogna conferma in Appello. Il governatore: "Contento, ma me l'aspettavo"

Camici, inchiesta flop. Prosciolto Fontana: "Il fatto non sussiste"

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Si chiude definitivamente, dopo tre anni, la vicenda dei camici anti Covid che ha portato il governatore lombardo Attilio Fontana in Tribunale e «su una graticola», come sottolinea il suo legale. Ieri la Corte d'appello di Milano ha confermato il proscioglimento di Fontana, che era accusato di frode in pubbliche forniture insieme ad altre quattro persone: «Il fatto non sussiste».

«Sono molto contento - dichiara il presidente lombardo -, me lo aspettavo ma è sempre una grande gioia vedere che la propria linearità di comportamento sia stata riconosciuta. Non ho mai avuto dubbi». Poi rivendica: «Hanno parlato in tanti, a sproposito e dal divano di casa, mentre qui in Regione tutti, dirigenti, dipendenti, staff, lottavamo in prima linea lasciando perdere le polemiche». La decisione di ieri è definitiva, non più appellabile (le motivazioni tra 90 giorni). «Fontana - sottolinea l'avvocato Jacopo Pensa, che con il collega Federico Papa ha difeso il presidente della Regione - ha patito per tre anni su una graticola e poi oggi è finita così. Siamo stati coinvolti in una vicenda che da un punto di vista penale non aveva nulla, mi spiace per chi ha lavorato per nulla». Mentre l'avvocato Domenico Aiello, legale di Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, ex dg ed ex dirigente della centrale regionale degli acquisti Aria: «Per molto tempo almeno tre anni, una infinità di giorni, gli eroi sono stati trasformati in mostri, era necessario per supportare una indagine vistosamente senza futuro, speriamo qualcuno adesso abbia l'audacia di riprendere il filo di una storia di coraggio e senso del dovere non comune». In udienza preliminare, il 13 maggio 2022, il gup Chiara Valori aveva emesso sentenza di «non luogo a procedere perché il fatto non sussiste». La Procura aveva fatto ricorso. Oltre al governatore, a Bongiovanni e Schweigl, erano accusati il cognato di Fontana, il titolare di Dama spa Andrea Dini, e il vicesegretario generale di Regione Lombardia, Pier Attilio Superti.

La sentenza del gup, confermata ieri, dichiarava che la «trasformazione» da fornitura in donazione alla Regione dei camici e altri dpi da parte di Dama spa, «si è realizzata con una novazione contrattuale che è stata operata in chiaro, portata a conoscenza delle parti, non simulata ma espressamente dichiarata» e non ci fu alcun «inganno». Nel caso camici, scriveva il giudice, «pare difettare in toto la dissimulazione del supposto inadempimento contrattuale». Inadempimento allora contestato, invece, dall'aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Paolo Filippini e Carlo Scalas, secondo cui quella fornitura da 75mila camici dell'aprile 2020 affidata a Dama per 513mila euro, si era sì trasformata in donazione dopo la consegna di 50mila pezzi, ma non erano stati più consegnati i rimanenti 25mila. Da qui l'accusa di frode in pubbliche forniture.

Interviene il ministro e leader della Lega, Matteo Salvini: «Felici per il presidente Attilio Fontana e per tutti i cittadini lombardi, il tempo è sempre galantuomo. Adesso aspettiamo le scuse di Pd, 5 Stelle e sinistri vari che hanno offeso e insultato per mesi». Così la titolare del Turismo, Daniela Santanchè: «L'assoluzione da tutte le accuse mosse al governatore Fontana è una grande soddisfazione. La conclusione del processo ha confermato ciò che noi non abbiamo mai messo in dubbio: l'integrità personale del governatore, che ha sempre operato in modo corretto e nel pieno rispetto della legge». Il ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli: «Soprattutto sono contento da amico».

E aggiunge: «Come tutti nella Lega non ho mai avuto il minimo dubbio sul fatto che sarebbe stato completamente prosciolto».

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