Muto. Impassibile. Quando i carabinieri lo portano in caserma, Claudio Campiti non dice una parola. Il suo piano studiato da mesi nei minimi particolari, è in parte fallito. E solo grazie all'intervento di un vicino eroe, Silvio Paganini. Voleva uccidere l'intero consiglio di amministrazione del consorzio Valleverde, Campiti. A cominciare dalla segretaria, Sabina Sperandio, 71 anni, per passare una frazione di secondi dopo alla consigliera, Elisabetta Silenzi, 55 anni, e a Nicoletta Golisano, 50 anni, contabile. Tutte e tre morte sul colpo. Il quarto proiettile è per Fabiana de Angelis, 50 anni, che lotta fra la vita e la morte per una grave ferita alla testa. Sarebbe poi toccato alla presidente, Bruna Marelli, 71 anni, ferita all'addome. Avrebbe ucciso anche la vicepresidente, Luciana Ciorba, la «strega nana» come la descrive nel suo blog Benvenuti all'Inferno, se la poveretta non si fosse gettata a terra. Quando punta la canna contro il suo vicino di 67 anni, Paganini, colpito di striscio al volto, Campiti capisce che è finita. La Glock sottratta al poligono s'inceppa, l'uomo gli salta addosso e lo disarma. Un secondo dopo un'altra decina di persone lo immobilizza. Il secondo caricatore con altri 16 colpi resta nelle tasche del giaccone, assieme alle due scatole di proiettili che ha acquistato a Tor di Quinto.
In attesa dell'interrogatorio di garanzia e della convalida del fermo del gip, le indagini proseguono. A cominciare dall'acquisizione delle registrazioni delle telecamere dello storico Poligono Nazionale. Nei video la Ka verde di Campiti che entra ed esce dalla struttura dopo pochi minuti dal suo arrivo, fra le ore 9 e le 9,15. Giusto il tempo per raggiungere via Monte Giberto, a Fidene, prendendo il Gra e uscendo per Colle Salario. Sequestrato dai carabinieri il registro delle presenze dell'armeria e l'intero poligono per capire come sia stato possibile uscire senza riconsegnare l'arma. «Ci vuole poco - spiegano gli iscritti -, basta avvicinarsi alla sbarra del cancello, questa si alza e vai via senza che nessuno ti chieda nulla». La segreteria, del resto, è distante dall'armeria ma questa è vicina al parcheggio.
Campiti, insomma, dopo essersi registrato (tiratore esperto e socio dal 2018), ritira la semiautomatica con le munizioni e, anziché dirigersi verso la linea di tiro, a 300 metri, rientra in auto e se ne va. Nessun porto d'armi è richiesto per il tiro sportivo regolamentato dal Coni. Basta essere incensurato, presentare il certificato del casellario giudiziario e dei carichi pendenti (o un'autocertificazione), foto tessera e una marca da bollo da 16 euro. Non serve il porto d'armi perché, in teoria, pistole e fucili non escono dal poligono. Peccato che alla sbarra non ci sia nessuno a controllare chi entra e chi esce.
Argomento spinoso, discusso ieri durante la riunione del comitato per l'ordine e la sicurezza: «Un atto di follia imprevedibile e che avrebbe potuto essere arginato solo se Campiti non avesse avuto accesso all'arma, sottratta in circostanze da accertare al poligono di Tor di Quinto», la conclusione del prefetto Bruno Frattasi con il sindaco della capitale e il questore. Una falla che il vicepresidente del Senato e coordinatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, vuole chiarire con un'interrogazione urgente.
Nella sua abitazione ad Ascrea i militari ieri hanno sequestrato una fototrappola usata come telecamera e un coltello da sub.
Una strage annunciata nelle parole che Campiti posta in rete già il 2 novembre 2021: «Mi stanno tenendo senza pubblica illuminazione, si sa al buio si vede meno e si può sparare in tranquillità». Ma le denunce per minacce e diffamazione presentate dai consorziati alla Procura di Rieti restano lettera morta. «Mai stati chiamati» spiega Luciana Ciorba.
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