«C'è una cosa di cui non è popolare parlare, ma che è una sacrosanta verità: i mercati rischiano di innescare la tipica immagine del cane che si morde la coda». Mario Spreafico, responsabile degli investimenti di Banca Leonardo, dichiara la sua preoccupazione: «Se c'è una bufera sui mercati finanziari finiamo per pagare tutti di più, soprattutto i più deboli. Perché se aumenta lo spread cresce il costo del debito, quindi si alza la spesa pubblica, e questo significa tagli agli investimenti e più tasse. Esattamente il contrario di quello che il governo dichiara di volere».
Ma ci sarà bufera?
«Nell'immediato entreremo in una situazione difficile, generata soprattutto dal braccio di ferro politico tra Italia e Ue».
Situazione difficile?
«Volatilità, mercati ballerini senza un andamento preciso e prevedibile. Molta sensibilità alle dichiarazioni: tutti dovrebbero stare un po' più zitti. Poi i mercati ragionano per stereotipi. Annunciati dei numeri, si tratta di capire i veri contenuti della manovra. Al più presto, per riportare chiarezza e concretezza. Per esempio: il governo insiste a dire che si tratta di una manovra espansiva: lo spieghi! La stessa Ue dovrebbe chiedere più investimenti, perché il nostro problema del debito si risolve anche puntando sulla crescita. Il braccio di ferro di oggi sembra più frutto di impuntature politiche».
Come giudica la lettera della Commissione europea?
«È un intervento inusuale. Direi fuori tempo: la prima cosa è leggere i contenuti della manovra, non si danno giudizi senza vedere».
A breve le agenzie di rating daranno i loro responsi.
«Se il conflitto politico continuerà, non è difficile immaginarsi un downgrade, e forte. Ma il mercato ha già scontato, almeno in parte, questa eventualità da quando è stata annunciata la revisione al ribasso dei giudizi».
Il governo si rende conto che le tensioni dei mercati e l'aumento dello spread ottengono un risultato contrario a quello proclamato?
«Non possono non capirlo. Ma i numeri sono questi, non dovrebbero insistere su progetti assurdi. La flat tax incide poco sull'immediato, mentre il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni non sono investimenti produttivi. Il problema è tutto qui».
Gli investitori hanno paura?
«Paura no: preoccupazione. La crisi del 2011 è stata molto peggiore e tanti risparmiatori hanno ancora delle ferite aperte. Ma questa volta non ci sarà l'apocalisse: allora l'Europa non seppe gestire adeguatamente la crisi greca e ci fu un effetto a catena che coinvolse altri Paesi, Italia compresa. Non dimentichiamo che la crisi dell'Eurozona, alla fine è stata risolta da Draghi. Poi, c'è un altro motivo: oggi si tratta di un caso che riguarda solo l'Italia, che non è la Grecia. È vero, l'economia è asfittica, ma il debito non è fuori controllo e siamo il terzo Paese al mondo per quantità di risparmio privato. Siamo solvibili da ogni punto di vista».
Ha citato Draghi. Deve preoccupare la fine del quantitative easing e l'avvicendamento ai vertici della Bce?
«Non direi. Un governatore si muove entro delle regole, le decisioni sono sempre collettive e mai unilaterali di una singola banca centrale. Dopo anni di politiche espansive si deciderà come comportarsi».
Insomma, nervi saldi sul breve ma nessun panico?
«Non vedo rischi per l'Italia. Piuttosto, i rischi stanno nell'economia globale, per esempio nell'arretramento dei mercati emergenti...».
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