Coronavirus

Caos zona rossa, ecco la verità. Così si è inceppato l'algoritmo dell'Iss

Scontro Iss-Lombardia. Ecco l'errore che ha chiuso la regione e provocato milioni di euro di danni ai commercianti

Caos zona rossa, ecco la verità. Così si è inceppato l'algoritmo dell'Iss

Dove si sia inceppato l’algoritmo i tecnici ora l’hanno capito. Il danno però ormai è fatto. Un ingranaggio della complicatissima macchina che calcola l’Rt del virus si è incastrato senza che nessuno, almeno in un primo momento, se ne accorgesse. Un errore che ha condannato per una settimana la Lombardia alla zona rossa senza merito, che ha causato milioni di euro di danni ai commercianti e che ha provocato una bagarre politica tra l’Iss e la Regione con tanto di accuse incrociate e ricorsi. Di chi è la responsabilità? Un po’ è colpa della sfiga, va detto. Un po’ dell’emergenza, che fa raccogliere dati definiti dagli stessi super tecnici “brutti, ma davvero brutti”. Un po’ dal concatenarsi di eventi che hanno prodotto il cosiddetto “pasticcio Lombardia”.

Partiamo dal definire l’Rt, il numerino che stima la trasmissibilità di Sars-CoV-2 in un dato periodo di tempo (t). Esempio: nella settimana “A” in Lombardia vengono registrati 100 casi di infezione. Nella settimana “B” ne emergono altri 100. L’Rt tra la settimana “A” e la settimana “B” sarà pari a 1: l’infezione si riproduce ma rimane costante, non avanza né regredisce. Se l'indice fosse >1 vorrebbe dire che l’epidemia si sviluppa esponenzialmente, se invece fosse < 1 tenderebbe ad esaurirsi. Stiamo ovviamente semplificando: i puristi della statistica ci perdoneranno.

Rt-sintomi2
Infografica di Alberto Bellotto

Il problema è che la raccolta dei dati non è mai così banale. Immaginate il signor Rossi che va dal suo medico curante pensando di avere il Covid: gli viene fatto il tampone, questo viene analizzato, poi la sua positività viene caricata sul sistema informatico delle Asl, che passano il dato alla Regione che a sua volta lo comunica all’Iss. Le possibilità che s’inserisca un errore in questo tragitto è altissima, anche per un solo paziente. Figuratevi cosa succede moltiplicando il tutto per migliaia di casi al giorno, con migliaia di medici diversi, centinaia di Asl e decine di Regioni. Una babele.

Bene. Dove sta l’inghippo? Tutto ruota attorno a due indicatori contenuti nella scheda paziente: la “data inizio sintomi” e lo “stato clinico”. L’Iss di Brusaferro per valutare l’infezione nelle Regioni, e poi determinarne il colore, utilizza l’Rt-sintomi, ovvero l’Rt calcolato solo sui casi sintomatici. Quando il signor Rossi va dal medico e scopre di essere positivo, sul sistema viene caricata la sua “data inizio sintomi” (se li ha) e, in teoria, anche il suo “stato clinico” (cioè se è paucisintomatico, severo, critico, ecc). E se questo dato non viene scritto? È qui che casca l’asino.

Brusaferro Rezza

La Lombardia, ma non è la sola, ha registrato una media del 37% di persone cui è stata assegnata una “data inizio sintomi” senza però specificare lo “stato clinico”. Quando i tecnici dell’Iss ricevono la notifica, considerano a priori questi soggetti come “sintomatici”: in fondo hanno una “data inizio sintomi”, dunque sarebbe anche logico. Se però poi nel corso del tempo il signor Rossi guarisce, allora viene automaticamente rivalutato “asintomatico” sin dall’inizio dell’infezione e depennato dall’Rt. È proprio questo cambio in corsa ad aver prodotto un errore nel calcolo dell’Rt lombardo nella 35esima settimana.

Torniamo all’esempio di prima (vedi qui sotto). Nella settimana “A” ci sono 100 casi di infezione, tutti sintomatici con lo stato clinico compilato. Nella settimana “B” emergono altri 100 casi, di cui 50 con la scheda completa e 50 senza “stato clinico”. L’Iss, come visto, li considera comunque tutti “sintomatici”. Quindi tra la settimana “A” e la “B” l’Rt-sintomi sarà pari a 1: 100 casi ieri, 100 oggi. Tutto stabile. Arriviamo ora alla settimana “C” in cui i casi sintomatici sono di nuovo 100. L’Rt tra "B" e "C" dovrebbe essere sempre 1. Tuttavia è successo qualcosa di imprevisto: i 50 casi senza “stato clinico” della settimana “B” nel frattempo vengono dichiarati “guariti”. A quel punto l’Iss li considera “asintomatici” sin dall’inizio e li elimina dal calcolo. I 100 casi della settimana “B”, quindi, passano con un tratto di penna a 50. Nel valutare le settimane “B” e “C” si nota un incremento di casi da 50 a 100: a questo punto l’Rt non è più 1, ma maggiore di 1. Sembra che l’epidemia corra, anche se in realtà è tutta colpa di un errore del sistema.

Rt-sintomi
Infografica di Alberto Bellotto

È esattamente ciò che è avvenuto in Lombardia. Nel periodo 13 dicembre 2020-13 gennaio 2021, infatti, il Pirellone ha segnalato una percentuale alta (50,3%) di casi senza “stato clinico” ed anche un discreto numero di “guarigioni” senza prima precisarne i sintomi. L’algoritmo dell’Iss (che non aveva previsto l’eventualità) s’è inceppato, ha calcolato l’Rt pari a 1,4 ed ha dato il via alla successiva zona rossa. Metà colpa per uno. Tanto che per aggirare l’ostacolo, dicono dal Pirellone, l’Iss avrebbe chiesto loro di compilare lo “stato clinico” inserendo un’informazione diciamo “a caso”. Non proprio il massimo.

Ora, domanda legittima: come è possibile che un positivo abbia la “data inizio sintomi” se in realtà è asintomatico? Le possibilità sono tre. La prima era stata già immaginata dall'Iss (leggi qui): alcune Regioni utilizzano sistemi informativi per la raccolta dati pre-esistente al Covid, dove è “obbligatorio inserire una data inizio sintomi anche per i casi asintomatici”. L’altra è che i migliaia di medici del territorio compilino male il database regionale: stanchezza, svogliatezza, errori vari. Ci sta. La terza è che grazie ai tamponi rapidi ormai buona parte delle diagnosi nascono in laboratorio (pensate ai drive in), senza il medico a visitare il paziente, dunque è facile che nessuno si prenda la briga di indicare se il soggetto è “paucisintomatico” o “lieve” non avendolo mai visto in faccia. L’Iss sostiene che la Lombardia avrebbe dovuto inviare dati più precisi. Il Pirellone ribadisce che non può certo inventarseli di sana pianta: se i medici non precisano lo “stato clinico” alla fonte, c’è poco da fare. E comunque da maggio scorso comunica la stessa tipologia di dati, benché incompleti.

Milano Lombardia

Alla fine vi chiederete: vuol dire che da un anno stiamo sbagliando tutto? No. Le stime dell’Rt fatte sin qui sono corrette, per quanto naturalmente imprecise, ad esclusione di quella settimana in Lombardia. E come mai nessuno si è accorto prima dell’inghippo? L’errore è emerso solo nell’ultimo periodo per colpa di un cambio nella legge che definisce i “guariti”. Fino al 12 ottobre, prima di mettersi alle spalle il Covid bisognava sottoporsi ad un tampone di controllo. Oggi non è più così: trascorsi non molti giorni dal test si può tornare in libertà e questo “accelera” il numero delle guarigioni. Sembra una banalità, e invece incide non poco nel calcolo dell’Rt.



L’Rt si calcola infatti in un intervallo di tempo (nel nostro esempio due settimane) e la cosa importante è mantenere una costanza di identificazione dei casi presi in esame. Fino al 12 ottobre, i pazienti senza “stato clinico” rimanevano “sintomatici” per tutto periodo di studio. Venivano dichiarati guariti dopo 60 giorni? Poco importava: l’analisi era già conclusa e l’Rt non veniva influenzato. Oggi invece, a causa delle nuove norme, accade sovente che all’interno dell’intervallo di tempo di osservazione molti casi senza “stato clinico” guariscano. A quel punto l’Iss li considera “asintomatici” sin dall’inizio, li depenna dall’Rt e ne nasce l’errore descritto poco fa: si crea una variazione che non dipende dal fenomeno, ma dall’algoritmo. Questo produce una sovrastima del dato.

E nel caso lombardo milioni di danni ai commercianti.

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