Politica

"Capisco i partiti ma io sono libero e il mio programma è nato dal basso"

L'imprenditore civico: "Guazzaloca rovesciò il tavolo rosso, io voglio rilanciare il tavolo di tutti. La sinistra? Ha perso la visione del futuro"

Da un imprenditore così, un po' allergico ai partiti, le cui logiche rifugge («anche se le comprendo»), c'è da aspettarsi di tutto. Pure che diventi sindaco di Bologna al primo turno. Fabio Battistini, sessantaquattrenne, bolognese doc, cattolico, tre figli, ex campione di mountain bike, mai impegnato in politica direttamente, candidato civico a Palazzo D'Accursio, tenta l'impresa di dare al centrodestra una storica vittoria a Bologna, 22 anni dopo quella di Guazzaloca, anche se non accetta paragoni: «Lui ribaltò il tavolo rosso, io rilancerò il tavolo di tutti i cittadini della mia città».

Battistini, come le è venuto in mente di candidarsi?

«Ognuno è figlio delle proprie esperienze. Le mie appartengono al volontariato giovanile e all'associazionismo familiare. Con un gruppo di amici redigemmo un macro-documento di 4 punti: lavoro, welfare, covid, denatalità. Lo portammo all'attenzione di associazioni e partiti e mi resi conto che c'era uno spazio. A quel punto, da solo, a dicembre, in piazza Maggiore, offrii la mia disponibilità alla città. Da lì crebbe il consenso. Solo a luglio i partiti si sono fatti avanti».

Avverto una certa amarezza. È stato difficile convincere i partiti?

«Da parte mia no, ma c'è stato un certo travaglio a casa loro, con logiche e liturgie che non mi appartengono e dove io non ho mai messo il becco».

La rivoluzione mite dei candidati civici. Perché attirano più dei politici?

«Perché i partiti si muovono all'interno del loro perimetro elettorale. Io invece mi rivolgo a tutti i cittadini che aspirino a una discontinuità amministrativa. Solo a loro rendo conto. Io sono l'Imprevisto».

Come a Monopoli.

«Infatti, potrei giocare anche sulle Probabilità».

Essere imprenditore aiuta?

«Molto. Sono due gli ambiti di intervento. Il primo è di carattere quotidiano: mobilità, traffico, degrado e sicurezza. Per questo basta la mia esperienza di cittadino. Il secondo è pensare oggi alla Bologna del 2030 e qui entrano in gioco le mie esperienze imprenditoriali. Abbiamo un'occasione irripetibile: i fondi del Pnrr e una visione».

Che cosa propone?

«Una Fondazione di partecipazione aperta a tutti i cittadini, uno strumento giuridico che potrà consentirci di gestire quei fondi per progetti che non nasceranno nelle segreterie dei partiti ma tra i cittadini. Ed io sarò il garante di tutto questo.

Non essere legato ai partiti è un vantaggio?

«A Bologna manca un sindaco con indipendenza decisionale. Io non sono un politico di professione, sono un uomo libero e libertà significa responsabilità».

In che cosa non è stata capace la politica in questi anni?

«Di lungimiranza e ciò ha portato a incapacità e inefficienza. Soprattutto incapacità di visione, cosa che non può capitare a un imprenditore. Ma la politica cerca voti e guarda ad oggi e domani non a dopodomani».

Una stoccata al suo avversario, Matteo Lepore.

«Anche nel suo caso c'è stata miopia rispetto a una progettualità futura. Non è stato capace o non ha avuto il coraggio? Come dico sempre, non ci sono più i comunisti di una volta che almeno avevano lungimiranza, vedi la tangenziale»

Quindi, vittoria al primo turno?

«Piedi per terra. Se a Bologna andranno a votare gli stessi delle ultime Regionali, il ballottaggio è a portata di mano».

L'ultimo leader che ha incontrato?

«Ieri ho conosciuto per la prima volta Giorgia Meloni. Tutti fanno selfie con politici famosi, lei l'ha voluto fare con me.

Forse per ricordarsi dell'imprevisto».

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