Non c'è tregua per le banche a Piazza Affari, travolte per il secondo giorno consecutivo da un'ondata di vendite costata all'indice di settore un altro collasso del 6% e al Ftse-Mib un calo del 2,76%. Insomma, nonostante le rassicurazioni del governo sulla solidità del sistema, continua a piovere sul bagnato, con il tritatutto ribassista che gira a pieno regime infilando nello stesso calderone chi è messo peggio e chi, invece, sta un po' meglio. A giustificazione dell'accanimento con cui si tira a quel bersaglio che sono diventate le banche, finendo per alimentare il sospetto che in realtà si voglia colpire così un'Italia non più vulnerabile dal lato dello spread grazie alla Bce, c'è ancora l'esito degli stress test e i timori legati alla gestione dell'elevato ammontare delle sofferenze. Ulteriore elemento indigesto, l'allarme lanciato proprio ieri dal colosso Commerzbank, la seconda banca tedesca, con la revisione al ribasso delle previsioni di utile per il 2016.
Ecco così servita l'ennesima giornata di passione, la Caporetto che causa un crollo verticale e collettivo delle azioni del comparto bancario. Male Popolare dell'Emilia Romagna (-12,36%), e a doppia cifra anche le flessioni di Popolare di Milano (-10,29%) e Banco Popolare (-10,12%), mentre Mediobanca ha lasciato sul terreno l'8,22%, Ubi Banca il 7,07% e Unicredit il 7,15% a causa delle preoccupazioni del mercato legate alla possibilità che la ricapitalizzazione possa superare quota 5 miliardi. Nel giorno dei conti, Intesa Sanpaolo è calata del 3,79%. Ma è stato il Montepaschi a guidare la graduatoria dei ribassi con un rabbrividente -16,10% che ha cancellato con un brutale passaggio di gomma la parziale soddisfazione con cui, lunedì scorso, era stato accolto il piano di ristrutturazione che prevede, tra l'altro, un aumento di capitale da 5 miliardi di euro e un deconsolidamento dell'intero portafoglio dei crediti a rischio riscossione per 27,7 miliardi. Il sottosegretario dell'Economia Pier Paolo Baretta è intervenuto in serata per precisare la posizione del governo: «Escludo a oggi l'intervento dello Stato nel Montepaschi. A oggi, ovviamente, perchè siamo tutti in una situazione nella quale il quadro anche internazionale è quello che è. La scelta del governo - ha precisato - è quella che si è manifestata in questi giorni: operazioni private, garanzia pubblica su alcuni settori, ma non interventi con risorse pubbliche».
Eppure, c'è chi come Joshua Anderson, managing director e portfolio manager di Pimco, è convinto che «l'acquisto dei crediti in sofferenza da parte del governo italiano sia un'opzione da valutare». Come finanziare l'operazione? Al tasso d'interesse sul debito pubblico: «Considerando prezzi correnti e potenziali recuperi, potrebbe anche rivelarsi remunerativa per i contribuenti in un orizzonte di lungo termine. Potremmo considerarla una forma d'investimento da parte del governo piuttosto che un aiuto di Stato».
A guardare il bilancio dell'ultimo anno a Piazza Affari, le nostre banche escono con le ossa rotte, vittime di un crollo che sfiora il 60%. Ma è nell'ultimo semestre (-40%) che le vendite hanno causato i danni maggiori in seguito alla crescente percezione che il nodo-sofferenze non potrà essere sciolto in breve tempo.
Naturalmente, come hanno mostrato gli stress test, il problema non è solo italiano. E a pagarne le conseguenze sono due big come Deutsche Bank e Credit Suisse, che saranno «espulse» dal paniere paneuropeo Stoxx Europe 50 dopo aver perso i requisiti necessari in termini di valore borsistico.
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