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La capretta uccisa a calci e le risate: la festa vigliacca per sentirsi grandi

Un gruppo di ragazzi si filma mentre ammazza senza motivo l'animale. Erano al 18esimo di un'amica

La capretta uccisa a calci e le risate: la festa vigliacca per sentirsi grandi

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Ne La notte sarà calma, Romain Gary diceva che i bambini senza cani né gatti sono delinquenti in nuce. Gli animali sono importanti per imparare l'empatia perché non parlano e per comprendere se stanno male, se sono tristi, se hanno paura bisogna compiere lo sforzo di sintonizzarsi, di immedesimarsi. E per immedesimarsi devi riuscire a provare ciò che l'altro sta provando. Vorremmo tanto che i diciottenni non adulti che hanno massacrato a calci una capretta durante la festa di compleanno di una loro coetanea in un agriturismo tra Anagni e Fiuggi, riuscissero a provare esattamente ciò che ha provato quel povero animale mentre lo uccidevano per niente. Così come vorremmo tanto che ogni singolo soggetto del branco di Palermo o di Caivano potesse provare ciò che hanno provato le ragazze che hanno stuprato in sette in Sicilia e in quindici nel napoletano. Sono situazioni diversissime, ma le matrici fondamentali sono comuni: il branco, la vittima indifesa, la violenza cieca senza motivo. Buttare una vita perché tanto non vale niente. La voglia di sentire odor di sangue e di allargare le narici. Filmandosi, eccitandosi, incitandosi, ridendo. Perché il branco non è fatto da uno più uno, è un altro animale: acefalo. Scagliandosi contro le creature più innocue (una capretta, una ragazza ubriaca, due ragazzine di tredici anni) con la furia della vigliaccheria che è sempre implacabile. Gli sguardi terrorizzati e increduli delle vittime, il rumore dei pensieri che sbattono contro le tempie «Perché a me?», «Cosa mi fanno?», «Cosa mi sta succedendo?»... Le urla di dolore, lo sgomento nel corpo che si accartoccia e si irrigidisce e poi si arrende e l'odore della paura. Bisogna che qualcosa non funzioni in quella mandorla del cervello che si chiama amigdala e che è la centralina delle emozioni. Bisogna non sapere di essere al mondo per ignorare tante cose sul sentire e sul prossimo e sul rispetto e sulla vita. Le infanzie dei serial killer sono piene zeppe di torture sugli animali: cani squarciati, gatti torturati o sezionati. Orrori, tic raccapriccianti che solo più tardi hanno avuto una spiegazione.

Il branco di Palermo era pieno di «maranza», quello di Caivano di delinquenti e figli di camorristi, il gruppo di ragazzi che ha ucciso a calci la capretta domenica sera, nell'agriturismo Sant'Isidoro, era della «Fiuggi bene» (alcuni sono pure figli di rappresentanti della forze dell'ordine) eppure si sono macchiati tutti della stessa oscenità: infierire sugli indifesi, prendersi delle vite non loro e farne scempio. Non basta l'alibi dei social sui quali aver l'urgenza di mostrare il proprio schifo, non è sufficiente la scusa dei modelli sbagliati, del futuro incerto e di chissà quanto altro onanismo sociologico. I ragazzi della «Fiuggi bene» stavano festeggiando un diciottesimo, figurarsi, l'ingresso nella vita adulta. Un festeggiamento di morte ma tanto «noncisonoproblemi» come recita il loro idiotissimo profilo siocial. Dopo la denuncia del proprietario della capretta ammazzata e grazie al loro video-trofeo, sono stati iscritti nel registro degli indagati e ora rischiano dai quattro ai due anni di carcere per il reato di «uccisione di animali».

A noi sembra che l'unico rischio sia quello che in galera non ci finiscano.

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