
Il caro benzina mette a ferro e fuoco il Messico. Dallo scorso primo gennaio, infatti, nel Paese della tequila migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro l'aumento dei carburanti annunciato dal presidente Enrique Peña Nieto, noto ai più con l'acronimo «Epn». Un aumento tra il 14% e il 20% che ha portato il costo del litro di benzina all'equivalente di 70 centesimi di euro. Una cifra che per gli italiani sarebbe «da sogno», ma che in Messico invece ha scatenato la rabbia di molti.
Le manifestazioni si sono trasformate in breve tempo da pacifiche in violente, con vandali che da Veracruz a Puebla, da Monterrey a Città del Messico, hanno saccheggiato e distrutto migliaia di negozi, portando via di tutto. Inevitabile la reazione delle forze dell'ordine con il risultato che, mentre chiudiamo il giornale, il bilancio degli scontri estesisi a macchia d'olio soprattutto nella parte centrale del Paese, è di sei morti e oltre 1.500 arresti.
A far arrabbiare i messicani - anche quelli pacifici - è stata la promessa fatta a inizio 2016 dal presidente Epn che «con me presidente non ci sarà mai un gasolinazo», ovvero un aumento brusco nei prezzi della benzina. Peccato che, lo scorso 17 dicembre, lo stesso Peña Nieto abbia contraddetto se stesso, annunciando la necessità di «riequilibrare il prezzo dei combustibili» per «fattori esterni». Tradotto: il prezzo della benzina che importiamo è aumentato e da troppo tempo diamo sussidi non più sostenibili al settore. Quindi, si aumenta.
Dopo i primi morti dei giorni scorsi (un poliziotto, due ladri e tre manifestanti) Epn è tornato a rivolgersi ai messicani, escludendo che l'aumento sia legato alla liberalizzazione del mercato dell'energia che ha tolto il monopolio alla statale petrolifera Pemex. Poi ha ammesso l'impopolarità della misura, spiegando però che, senza, «dovremmo aumentare le tasse o eliminare programmi sociali». Infine ha chiesto alle forze politiche d'opposizione «cos'altro avreste fatto voi al mio posto?». Nessuno naturalmente gli ha risposto mentre i danni stimati dalle mancate vendite dovute alla chiusura di oltre 20mila esercizi commerciali per l'ondata di proteste, superano già l'equivalente di 3 milioni di euro solo nella capitale.
Per Eunice Rendón, analista specializzata in sicurezza, «ad aggiungere caos al caos hanno contribuito anche le reti sociali, con falsi allarmi di scontri che hanno fatto chiudere migliaia di negozi in regioni del Paese dove in realtà tutto era calmo». Da vedere cosa accadrà nei prossimi giorni. Per calmare gli animi, Epn ha promesso un aumento del 10% dei salari dei dipendenti pubblici ma dovrà negoziare con le associazioni di categoria più colpite, dai camionisti ai taxisti.
Certo è che anche dopo l'aumento il prezzo della benzina in Messico rimane tra i più bassi al mondo - 0,70 euro al litro per l'appunto - mentre in altre nazioni latinoamericane produttrici di petrolio come Brasile, Colombia e Perù (tutte con un reddito pro capite assai inferiore) la «verde» costa almeno il 40% in più che a Mexico City.
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