Politica

"Il caro-bollette costerà come il Pnrr"

Nuovo allarme del ministro Cingolani che invita ancora a riflettere sul nucleare

"Il caro-bollette costerà come il Pnrr"

«L'aumento del prezzo dell'energia rischia di avere un costo totale l'anno prossimo superiore all'intero pacchetto del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Quindi non è che il Pnrr ci ha messo al sicuro da tutto». È il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ad affermare per l'ennesima volta che il re è nudo, ossia che la congiuntura macroeconomica ha cambiato verso e che le magnifiche sorti e progressive del Paese rischiano di trasformarsi in un incubo.

Certo, il ministro tecnico, ieri nel corso di un intervento a un convegno, si è limitato a elencare le problematiche vagheggiando soluzioni, ma senza entrare nello specifico. Ad esempio, non si è esposto sullo scostamento di bilancio finalizzato a contenere il caro-bollette che ormai è diventato il vero collante della coalizione di centrodestra. «Sono un tecnico, non un politico», si è schermito. Anche perché da giorni il suo collega titolare dell'Economia, Daniele Franco, sta rispedendo al mittente le richieste dei singoli partiti perché deficit e debito non consentono voli pindarici (vedi articolo sotto). È stato il ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti, a fare una sintesi chiara del cul de sac in cui l'esecutivo si è ritrovato, non certo per proprie responsabilità. «Se il governo ha tamponato le ricadute dell'aumento» dei prezzi dell'energia «sui consumatori con misure d'emergenza del valore di quasi tre miliardi, tali interventi di compensazione diverrebbero impossibili ove l'aumento diventasse strutturale», ha affermato. «Il problema dovrà essere affrontato con strumenti comuni, in un'ottica di lungo periodo», ha aggiunto precisando che «per evitare ricadute sociali negative, la transizione energetica richiederà l'adozione di strumenti di sostegno dei settori energivori e della manifattura europea». E, intanto, il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, minaccia Confindustria sui rinnovi contrattuali. «Il Patto per la Fabbrica del 2018 che indicizza i salari all'inflazione esclusa l'energia non esiste più», ha detto.

Resta, tuttavia, un problema «politico» al quale lo stesso Cingolani pare accennare. La transizione, ha sottolineato, deve essere «giusta» perché «è questa la vera grande sfida, non fare una transizione e basta». E l'espressione utilizzata è tipicamente politica. «Ci vuole un grande senso di responsabilità perché, purtroppo, non si può rendere come un tema calcistico la sostenibilità sociale, industriale con la sostenibilità ambientale», ha rimarcato il titolare della Transizione ecologica.

Senza perdersi nei meandri dei retropensieri, il ministro ha ribadito un concetto semplice ma spesso occultato. Una politica energetica improntata alla sostenibilità non può essere ostaggio dei tabù: occorre dibattere di tutte le strade percorribili. «Io non ho detto facciamo il nucleare, il mio era solo un invito a fare ricerca e sviluppo. Io non sono un appassionato di nucleare, non farei una grande centrale nucleare, ma mi fate vedere cosa succede con la quarta generazione? Non bisogna temere quello che non si capisce, bisogna studiarlo», ha precisato. «Mi rifiuto di discutere quello che noi stiamo facendo, mettendo la sostenibilità sociale contro la sostenibilità ecologica. Ci vuole chiarezza, trasparenza, onestà intellettuale», ha concluso Cingolani.

Pur tra mille distinguo, si comprende che il ministro vorrebbe aprire un confronto tanto sul nucleare di ultima generazioni quanto su altre fonti potenzialmente green come il gas (per altro l'Italia potrebbe anche estrarlo). Cingolani, come il resto dell'esecutivo, è rimasto «schiacciato» dall'intransigenza di alcune componenti della maggioranza, quelle più di sinistra.

Ecco, se il premier Draghi s'è stufato di compromessi al ribasso, questa sarebbe l'occasione per cambiare passo.

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