«Qui stiamo lavorando». Sono tre parole, soltanto tre, ma bastano a dare il senso di queste giornate a Palazzo Chigi e a rispondere alla domanda che tutti in Transatlantico si pongono: che fa il premier? È ancora frenato dalla litigiosità dei partiti o ha ripreso in mano il timone? Decide o media? No, nessun rallentamento, pare: stanno «lavorando». SuperMario is back. In effetti, chiusa la parentesi Quirinale, adesso c'è molto da fare. Dalla lotta al Covid, che sta andando bene e consente di togliere l'obbligo delle mascherine all'aperto e di programmare la riapertura totale degli stadi, alla strigliata a Giovannini e Cingolani per stringere sugli obbiettivi del Pnrr, fino ai due provvedimenti che forse già domani potrebbero arrivare al Consiglio dei ministri: la riforma del Csm e gli interventi contro il rincaro delle bollette energetiche.
Mario Draghi, come al solito, è silenzioso e determinato, concentrato sulla ripartenza. Niente chiacchiere, è l'ordine di scuderia, ma fatti. Molta carne sul fuoco. Il decreto per cercare di raffreddare i prezzi di luce e gas, dando così respiro alle famiglie e alle imprese, è quasi pronto. Quasi, appunto. Se il testo non farà in tempo ad avere il via libera politico della maggioranza, pazienza, potrebbe slittare alla settimana prossima, insieme alle «correzioni mirate» al dl Sostegni-ter, rimettendo cioè le mani sul superbonus. Ma l'intervento sulle bollette, il terzo del governo in pochi mesi, è dato per sicuro.
Più che un sostegno generalizzato, si studia un aiuto mirato per le categorie in difficoltà. Si parla di quattro-cinque miliardi di euro, da aggiungere agli 11 già messi sul piatto, e che dovrebbero coprire il secondo trimestre dell'anno in corso. Una cifra consistente però molto lontana da quella chiesta da Salvini, trenta miliardi, e dai 37 che secondo i calcoli della Confindustria servirebbero per tamponare l'aumento dei costi vivi delle attività produttive. Ma, attenzione, sono soldi che il ministero dell'Economia ha trovato senza sforare il bilancio. Niente extra deficit, questa è al momento la linea, del resto l'Unione Europea ci ha chiesto cautela sui conti pubblici e occhio allo spread: la maggioranza farà qualche strepito e si accoderà.
A buon punto, raccontano, pure l'altro delicato provvedimento in arrivo a Palazzo Chigi, le nuove regole per il Csm. Giovedì scorso, nel suo discorso di insediamento, Sergio Mattarella ha parlato a lungo e con durezza dei mali della giustizia e ha definito il riassetto del Consiglio superiore come una delle emergenze del Paese e del diritto. Draghi ci ha ragionato sopra per tre ore lunedì con Marta Cartabia e, sembra, ora siamo vicini alla soluzione. Restano però tensioni e divisioni sulla legge elettorale per selezionare i membri togati, il destino di quelli passati alla politica e il futuro dei fuori ruolo. C'è chi frena, chi vuole invece una riforma «incisiva», come dicono i leghisti Giulia Bongiorno e Roberto Turri, dopo aver visto la Guardasigilli.
Poi il Pnrr: prima di girarci i miliardi promessi l'Europa pretende che l'Italia raggiunga gli obbiettivi concordati. A rischio 24 miliardi, non ce lo possiamo permettere. Alcuni ministri sono più avanti con il lavoro: Mariastella Gelmini, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia, dopo aver incontrato il premier, riapriranno «nelle prossime ore» con Regioni, Province e Anci il tavolo sulle concessioni balneari, un passo che Bruxelles aspetta. Il governo intende rispettare gli accordi riaprendo le gare ma «tutelare il settore».
Altri come i tecnici Enrico Giovannini, Infrastrutture, e Roberto Cingolani, Transizione ecologica, appaiono più in difficoltà, alle prese con la lentezza storica della burocrazia italica e con il fiato del Draghi sul collo.
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