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Caro ministro, ora il governo aiuti a partire i profughi che a Kabul erano a fianco dell'Italia

Mentre continuano gli sbarchi clandestini, da due anni attendono il via libera quaranta afghani colleghi delle forze Nato fuggiti dal regime talebano

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Caro ministro della Difesa, lasciamo perdere per un attimo il generale Vannacci con la scia di polemiche e accendiamo i riflettori su un dramma che ci rincorre dalla Caporetto afghana di due anni fa. Tanti, troppi, però, sono stati lasciati indietro nonostante la Difesa li abbia già inseriti da tempo, anche oltre un anno, nelle liste per portarli in salvo. Amici dell'Italia, alcuni feriti in battaglia al nostro fianco, evidentemente profughi di serie B rispetto ai migranti che sbarcano ogni giorno illegalmente nel nostro paese. Se arrivi via mare o lungo la rotta balcanica, senza documenti, e chiedi subito asilo, anche se non ne hai diritto, ti accogliamo nel bene o nel male. Al contrario, se hai diritto all'asilo e sei già approvato nelle liste di evacuazione, rischi di languire in Iran. «Chiediamo la vostra attenzione per il futuro dei nostri figli. Vogliamo i nostri diritti umani» si legge su un altro cartello durante la manifestazione pacifica, ma di triste protesta, organizzata lunedì da una quarantina di afghani a Teheran, non molto distante dall'ambasciata italiana. Le foto le hanno mandate al Giornale per denunciare che da un anno o più, dopo aver speso i risparmi di una vita nella fuga dal regime talebano, attendono ancora la promessa evacuazione. Lo striscione con la bandiera afghana e il Tricolore parla chiaro: «Noi colleghi delle forze internazionali della Nato chiediamo di rilasciare i nostri visti il prima possibile». Una bambina mostra la «lettera di apprezzamento» del padre firmata dal comandante italiano quando ci aiutava in Afghanistan. M.R., che ha dato vita alla piccola ma significativa protesta, racconta: «Per quasi due anni abbiamo vagato perdendo il senso della vita. Non troviamo più motivazioni ed energia per continuare. Ci avete dimenticati».

Caro ministro, sappiamo bene che l'Afghanistan «è un inferno in terra» come sostiene il Programma alimentare mondiale. L'Onu ha appena denunciato 218 esecuzioni extragiudiziali, 14 sparizioni forzate oltre a 144 casi di torture, 424 arresti e detenzioni arbitrarie di ex soldati, poliziotti o collaboratori della Nato nonostante l'annunciata amnistia. I talebani sono cattivi come sempre e hanno cancellato l'istruzione a più di un milione di ragazze della scuola secondaria e università. La Difesa, ferma al generale Cadorna come pubblica informazione, non ci ha fornito i numeri dei rimasti indietro, ma con i familiari dovrebbero essere più di 2000. I corridoi umanitari con le Ong prevedevano di assorbire 1200 afghani in due anni, ma tutto va avanti a rilento. L'ondata migratoria, con oltre 100mila sbarchi, mette a dura prova l'accoglienza. I posti sono pochi ed il Viminale centellina il via libera per gli afghani. «Dobbiamo venire in Italia come clandestini con i barconi o a piedi lungo la rotta balcanica per farci accogliere?» chiedono spesso i nostri ex collaboratori. Purtroppo la riposta è sì, vero e drammatico paradosso da mondo al contrario.

Per questo, caro ministro, dovrebbe intervenire dimostrando che non si lascia indietro nessuno, se è stato «spalla a spalla» con i nostri soldati, e che in Italia si entra legalmente e non da clandestini.

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