L a «bravata» di Como ha mostrato il doppio volto della Lega. Il raid naziskin nella sede di un'associazione che si occupa di immigrati ha spinto i vertici del partito padano a mostrare le carte. Da un lato c'è la Lega di lotta. Rappresentata dal suo inarrestabile leader, Matteo Salvini. Barricadero il giusto, provocatorio quanto serve e, soprattutto, sempre pronto a sottolineare la per lui naturale collocazione del partito fondato da Umberto Bossi e Gianfranco Miglio nell'alveo di una destra quanto meno guardinga sul fenomeno dell'immigrazione. Dall'altro lato c'è la Lega di governo. Quella che amministra e che porge alle telecamere il suo volto più austero e politicamente corretto. In una parola offre il volto di Luca Zaia e di Roberto Maroni. E proprio il governatore della Regione Lombardia ha reagito con vigore e indignazione al gesto dei naziskin. «Non è stata violenza la loro - spiega il governatore - ma la loro bravata è la spia di un fenomeno pericoloso». Maroni lo ha definito un «virus», capace in potenza di contagiare i giovani e la gente senza memoria storica.
Salvini, però, pensa che non sia questo il modo per ottenere il consenso. Nell'urgenza di una campagna elettorale che non risparmierà colpi, il segretario della Lega sfronda il campo da dubbi e incertezze. Il suo movimento vuole intercettare il voto di chi probabilmente non vede la «bravata» dei naziskin come il segno di un «virus» pericoloso. «Una volta al governo - avverte Salvini - manderemo via tutti gli immigrati non regolari e che non hanno un lavoro».
Durante la trasferta napoletana, Salvini è tornato sull'argomento. «Il problema - ha spiegato ai cronisti - non è la lettura di un volantino, ma una immigrazione fuori controllo, voluta da qualcuno, organizzata e alimentata da certa sinistra che fa favori ai poteri forti e cerca lo scontro sociale». Salvini ha anche risposto a distanza al governatore lombardo che lo sollecitava a non sottovalutare il fenomeno dei naziskin. «Maroni fa bene il presidente della Regione - spiega - e mi auguro lo faccia per i prossimi anni. Ognuno deve fare il suo mestiere. Non penso che in Italia torneranno né i fascismi, né i comunismi, per fortuna, perché sono stati condannati dalla Storia». Insomma Salvini getta acqua sul fuoco delle polemiche innescate dal raid naziskin di Como. Con una posizione più indulgente di quella di Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d'Italia aveva sì detto che non era violenza quella dei ragazzi entrati nel centro assistenza di Como ma sempre di intimidazione si trattava e come tale inaccettabile.
A essere inaccettabile, dall'altra parte, è per Alessandra Mussolini l'ostracismo che la vede bersaglio ripetuto nei media. E soprattutto in tv. Due giorni fa in Rai, spiega l'europarlamentare, «mi sono dovuta difendere contro sette».
Ieri invece ha abbandonato il programma L'aria che tira su La 7 dopo che uno degli ospiti, lo scrittore Mauro Corona, si è rifiutato di averla come interlocutore. «Sono stanca di tutto questo» ha spiegato la Mussolini uscendo dallo studio.
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