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Cartelle, l'83% sotto mille euro. I vantaggi della "pace fiscale"

Gli esperti: "Azzerarne il peso è un guadagno anche per l'Erario". Le rottamazioni non hanno dato risultati

Cartelle, l'83% sotto mille euro. I vantaggi della "pace fiscale"

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La pace fiscale annunciata da Matteo Salvini scatena la guerra dentro l'opposizione, imprigionata dentro la dinamica del «tassa e spendi» ferma al secolo scorso e ossessionata dall'equazione «cartella uguale evasione fiscale». Segno dello scollamento definitivo con l'economia reale sublimato dalla Schleinomics e da un Pd che insegue ancora batoste su casa, eredità e patrimoniali.

Ha senso parlare di pace fiscale nonostante la rottamazione delle cartelle? Sì. L'83% delle cartelle è per somme inferiori a mille euro ma «pesa» solo per il 10,4% del carico complessivo. Se ne sono state necessarie quattro è perché molti italiani noti al fisco vorrebbero onorare i loro debiti conclamati ma coi pochi soldi preferiscono pagare stipendi e fornitori. E le rottamazioni sono fallite finora perché i tempi di rateizzazione sono limitati e le maxirate (la quater ne prevede due iniziali del 20%) sono troppo alte. «Così rischiamo di non ottenere il risultato desiderato, esattamente come è successo per le precedenti», conferma Marcella Caradonna, presidente dei commercialisti milanesi, secondo cui molti contribuenti «a causa anche dell'impennata di tutti i costi e degli interessi bancari sono in carenza di liquidità. Pur volendo, temo non ce la faranno a farvi fronte».

La pace fiscale avrebbe anche un vantaggio: «Oggi essere anche incolpevolmente debitore verso il fisco costringe le imprese a frenare la propria attività per evitare il blocco delle entrate», spiega al Giornale il commercialista romano Gianluca Timpone: «Azzerare il peso delle cartelle rappresenta un vantaggio anche per l'Erario, perché una impresa libera da pesi genera utili e quindi imposte».

La zavorra dei ruoli esattoriali, eredità del centrosinistra, è stimata in oltre 1,2 miliardi di euro, di cui meno del 5% è realmente riscuotibile. Stando all'ultima nota Nadef 2022, l'evasione fiscale invece ammonta a 99 miliardi di euro l'anno. Eccoli, i soldi che sfuggono al fisco: non quelli certificati dall'Agenzia delle Entrate con le cartelle come ingannevolmente fa credere su Twitter il vicepresidente dei senatori Pd Franco Mirabelli, quando scrive «la pace fiscale è un insulto per chi paga le tasse fino all'ultimo euro».

Aiutare gli italiani a riconciliarsi con le tasse nonostante una pressione insostenibile, un fisco spietato e le cartelle pazze non si fa demonizzando chi non paga incolpevolmente ma facendo accrescere la compliance fiscale volontaria, che è esattamente quello che ha in mente l'esecutivo con la delega fiscale a cui ha lavorato il viceministro dell'Economia Maurizio Leo, che dovrebbe diventare legge prima della fine dell'estate. «Serve una grande riforma complessiva per far crescere il Paese», dice il segretario di Forza Italia Antonio Tajani.

Qualche mese fa fece discutere un sondaggio Ipsos Fiscal Focus, nel quale otto italiani su dieci si dichiaravano «potenzialmente evasori» per il peso eccessivo delle tasse ma al tempo stesso favorevoli a una lista pubblica degli evasori per somme superiori a 25mila euro (in linea con il tetto ipotizzato da Salvini), sulla scia delle politiche anglosassoni naming-and-shaming, che viaggiano su un doppio binario: punire socialmente il comportamento e premiare chi le paga, riducendo i costi di accertamento fiscale.

Peraltro, come ricorda Luigi Marattin di Italia Viva, nella delega fiscale c'è una norma che consente di pignorare automaticamente i conti correnti degli evasori, segno che questo esecutivo vuole stanare chi fa davvero il furbetto.

«Una misura giusta, che neanche Vincenzo Visco era mai arrivato a fare», dice il deputato renziano, parlando di ammuina di Salvini, inciampando nel solito equivoco di fondo: «L'evasione si combatte senza se e senza ma, eppure non si può mettere sullo stesso piano chi non paga perché non può e chi perché non vuole», sentenzia Antonio Gigliotti, presidente di Fiscal Focus.

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