Roma - «L'onda nera» paventata alla vigilia si è rivelata una macchia. Anzi, una macchiolina. Dove sono i saluti romani nella Piazza San Giovanni delle bandiere tricolore? Non ci sono. Se non fosse per un momento di contestazione al banco accrediti per l'ingresso di Gad Lerner, la polizia sottolinea: «Una delle manifestazioni più serene che abbiamo mai ricordato».
Casapound? C'è. Ma è senza vessilli. Uno dei frontman, il vicepresidente storico Simone Di Stefano, ammette: «Casapound non è più un partito, non si candida alle elezioni, quindi non c'è nessun motivo per stare lontano da questa piazza». È l'evoluzione di chi ha forse compreso d'essere politicamente irrilevante. Ma non del tutto ininfluente: «Se con la nostra partecipazione abbiamo dato il coraggio alla Carfagna e a Brunetta di andare con Renzi, è un bene», scherza con la pattuglia di militanti che sventola solo bandiere tricolore. Raggiungono Piazza San Giovanni in corteo dalla sede di Via Napoleone III: poche centinaia, e confluiscono nella marea umana fino a scomparire. Qualche selfie chiesto a Di Stefano da chi ha apprezzato il suo No al saluto romano nella piazza del centrodestra. Arriva pure la conferma che non c'è «nessuna interlocuzione né con Salvini né con Berlusconi né con la Meloni, nessun accordo con nessuno, non faremo nessuna coalizione», quasi a tranquillizzare chi pensava che aprire la piazza «a tutti», come da invito salviniano, fosse preludio di un allargamento del centrodestra alle frange più estreme. Una leggenda. «Casapound non si candida, siamo qui per contribuire con le idee», taglia corto il vicepresidente. D'altronde lui e la sua truppa non sono stati formalmente invitati, né esponenti di Casapound sono entrati nella scaletta degli interventi.
Estranei al palco di San Giovanni, meno allo slogan «Orgoglio italiano». «Spero che Salvini sia il leader di un fronte sovranista più che del centrodestra», l'invito che Di Stefano lascia ai cronisti. «Se cercate qualcuno che vuol mettere in discussione la democrazia, lo trovate a sinistra e non qui». Ma allora cosa ci fa Casapound a San Giovanni? «Vogliamo che questa opposizione non si riduca a parlare solo di immigrazione e tasse, ma anche di casa, lavoro, figli, salari e Stato sociale». Quando il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi rilancia dal palco il «No al governo delle tasse, delle manette, della burocrazia, del giustizialismo fuori controllo», Di Stefano applaude.
I suoi, oscurati sia su Facebook che su Instagram, sono compatti. Ma non più protagonisti com'era successo in un'altra manifestazione, quella della Lega convocata a piazzale Flaminio nel 2015. Altri tempi. Per ora, meglio mimetizzarsi e puntare a un'accettazione.
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