Nelle diocesi italiane ed in Vaticano si stanno seguendo con attenzione gli sviluppi del caso Hannoun. L'indagine della procura di Genova sui presunti fondi ad Hamas sta accelerando la riflessione interna alla Chiesa sull'opportunità di mantenere la linea filo-palestinese adottata dal 2023 ad oggi. Sul banco degli imputati, in particolare, sono finiti quei vescovi che si sono esposti troppo da quando è esplosa l'escalation militare in Medio Oriente. Tra di loro c'è senz'altro monsignor Derio Olivero, vescovo di Pinerolo e presidente della Commissione Cei per l'ecumenismo e il dialogo divenuto famoso per un videomessaggio contro l'espulsione di Mohamed Shahin.
Il provvedimento del Viminale era arrivato dopo che l'imam torinese del quartiere di San Salvario aveva negato che l'attacco del 7 ottobre 2023 fosse stata una violenza. Un altro volto di punta della Chiesa pro Pal è quello di Franco Moscone (foto a sinistra) che ci tiene ad essere chiamato "padre", ma è arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo. Il monsignore è arrivato ad augurarsi "che il nostro e gli altri Paesi europei non solo riconoscano lo Stato di Palestina, ma non riconoscano più lo Stato d'Israele, fin quando non ponga fine al genocidio". Le numerose dichiarazioni shock di Moscone hanno provocato anche la protesta dell'ambasciata israeliana presso la Santa Sede. Il suo attivismo proPal, però, non è venuto meno ed è paragonabile soltanto a quello di monsignor Giovanni Ricchiuti (foto a destra), vescovo emerito di Altamura e presidente di Pax Christi Italia. Non a caso i loro due nomi, oltre a comparire tra gli aderenti della rete "Preti contro il genocidio", sono tra i promotori della campagna "Dichiariamo il domicilio a Gaza" al fianco di idoli della sinistra militante come Tomaso Montanari, Elena Basile e Ginevra Bompiani. Monsignor Ricchiuti, d'altra parte, è uno che ha chiesto apertamente alla Cei di mettersi all'opposizione del governo Meloni proprio sulla politica estera. C'è una parte di episcopato italiano, dunque, che è andata ben oltre la tradizionale politica estera filoaraba della Santa Sede ed ha scelto di sposare iniziative ed adottare linguaggi più adatti alle piazze che alle sacrestie. Nei Sacri Palazzi si mantengono le bocche cucite ma comincia a filtrare più di qualche interrogativo sul fatto che quest'oltranzismo della parola possa essere davvero utile al lavoro della diplomazia vaticana a sostegno della popolazione di Gaza e in favore della pace. A ciò si unisce la speranza di evitare imbarazzi provocati dalla scoperta di realtà ecclesiali entrate in contatto con Hannoun e i suoi in nome della comune causa proPal. Al momento non risulta alcun collegamento. Alle cronache, invece, resta il tentativo del presidente dell'Associazione palestinesi in Italia di utilizzare la benedizione urbi et orbi del Natale 2023 come una vetrina per una protesta anti-israeliana da lui promossa.
Hannoun e i suoi si presentarono in piazza San Pietro con le bandiere palestinesi. All'epoca regnava ancora Francesco e il sit-in improvvisato, a differenza di quanto avvenne ad esempio nel caso di esuli cubani anticomunisti due anni prima, non venne impedito.