Chi vuole davvero la verità sulla strana morte di David Rossi? Se l'è chiesto Carmelo Miceli, parlamentare Pd e legale della famiglia del manager Mps volato giù da una finestra di Banca Mps a Siena il 6 marzo del 2013, che in una lettera pubblicata su Facebook e indirizzata al legale che difende i pm Nicola Marini, Aldo Natalini e Antonino Nastasi (secondo cui la morte di Rossi è stato un suicidio) chiede la rimozione dell'attuale capo dell'ufficio giudiziario di Siena.
Come sappiamo, i tre magistrati contestano il lavoro della commissione parlamentare diretta da Pierantonio Zanettin (Forza Italia), nata dopo le inchieste delle Iene, sebbene tutte o quasi le audizioni pubbliche in commissione li abbiano inguaiati, anche per la possibile presenza di Marini e Natalini ad alcuni festini gay ai quali avrebbero partecipato l'ex comandante provinciale dei carabinieri di Siena Pasquale Aglieco e alcuni manager Mps. Eppure loro si sono rammaricati di tanto accanimento rivolgendosi al presidente della Camera Roberto Fico tramite l'avvocato Andrea Vernazza (legale di Ciro Grillo, figlio di Beppe) del foro di Genova, guarda caso il distretto della Procura competente che ha già (ri)aperto l'indagine sui colleghi dopo le rivelazioni su alcune prove compromesse dello stesso Aglieco, presente sulla scena del crimine (anche se qualche suo collega nega) senza averne titolo. Che i pm siano stati scaricati da Csm e Anm è cosa nota, meno le rivelazioni choc di Miceli, come l'esistenza di alcuni «ufficiali di polizia giudiziaria» disposti ad ammettere che Marini «chiese loro di insabbiare le indagini sui festini». L'aveva detto anche l'ex sindaco di Siena Pierluigi Piccini alle Iene («La magistratura potrebbe anche avere abbuiato tutto»). E dunque «quanto è opportuna la sua permanenza come procuratore capo?». Secondo il deputato Pd infatti la lettera stessa lo pone «in una palese ed oggettiva situazione di incompatibilità». E ancora: perché Vernazza glissa sulle «omissioni documentate dei suoi assistiti» emerse dalle audizioni come le 60 foto e i due video inediti della scena del crimine, saltati fuori dopo 8 anni? La partecipazione dei pm Marini e Natalini ai festini è stata riferita da un testimone che per il gip di Genova è «attendibile», dunque? Quanto all'ipotesi del suicidio, il fatto che la sera stessa della morte siano stati dati alla stampa alcuni messaggini (finiti in un cestino ma ricomposti da un pm in un libro) ben prima che la Scientifica intervenisse ha in qualche modo avvelenato i pozzi. E che fine hanno fatto i fascicoli aperti al Csm di cui non si è mai saputo nulla? E come farà il Csm a restare indifferente?
Intanto al Giornale è arrivata una lettera dal carcere dell'ex deputato di Forza Italia Giancarlo Pittelli, che in un audio captato in un'inchiesta per 'ndrangheta ha ammesso di sapere chi avrebbe ucciso Rossi («Se si sa chi l'ha ammazzato scoppia un casino»). Nella sua missiva dal carcere di Melfi Pittelli dice di essere stato frainteso in quanto quelle deduzioni sarebbero frutto della puntata delle Iene vista la sera precedente. L'ex deputato azzurro proclama anche la sua innocenza dalle accuse di 'ndrangheta e conferma l'amicizia con l'ex numero uno di Mps Giuseppe Mussari. Ma l'ombra della mafia calabrese si è già affacciata anche in questa vicenda, in una delle tante piste accarezzate (l'ultima volta nel 2019) e poi abbandonate.
Ne parlò persino Sergio Rizzo su Repubblica, quando riportò alcune dichiarazioni dell'avvocato Luca Goracci in merito all'incontro con un misterioso imprenditore calabrese in odore di mafia, indebitato con Mps e con interessi nel Bresciano e nel Mantovano, tale Antonio Muto, che proprio il 6 marzo 2013 alle 18 aveva un appuntamento con Rossi ma arrivò quando era già morto. Peraltro, lo strano numero Tim comparso nei brogliacci di Rossi (4099009), oggi al vaglio dei Ros, sarebbe identico a un certificato di fondi al portatore in pancia a una banca mantovana. Coincidenze?
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