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Caso Regeni, Di Maio invoca l'Europa però continua a finanziare l'Egitto

Il ministro sbraita, ma troppi interessi ci legano al Cairo

Caso Regeni, Di Maio invoca l'Europa però continua a finanziare l'Egitto

Il vertice di governo sul caso Regeni voluto dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sembrava dovesse lanciare il piano di battaglia nei confronti dell'Egitto, ma alla fine ha partorito un topolino. «Coinvolgere l'Unione europea nella ricerca della verità» è la parola d'ordine del responsabile della Farnesina, dopo l'incontro con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte ed i ministri dell'Interno, Luciana Lamorgese e della Difesa, Lorenzo Guerini. «Abbiamo fatto una riunione di governo sul caso Regeni durata diverse ore. È una questione di diritti umani e chiederemo a tutti i paesi europei di prendere posizione» ha spiegato Di Maio. Prima, però, sarebbe meglio depennare i 57 milioni di euro della Ue all'Egitto, i soldi che ancora distribuiamo nel regno di Al Sisi come Cooperazione allo sviluppo, i programmi «raffreddati», ma non cancellati del Viminale proprio con la polizia del Cairo e della Difesa. Per non parlare della vendita di armi e degli interessi nel gas, ma si tratta di boccate d'ossigeno per l'economia, non di nostri euro all'Egitto. Il ministro Guerini, che ha partecipato al vertice, sa bene che da un paio di mesi un equipaggio egiziano si sta addestrando a La Spezia a bordo della fregata Schergat, una delle due navi da guerra cedute da Fincantieri al Cairo per 1,2 miliardi di euro. Meglio scoprire l'acqua calda e rivolgersi all'Europa per fare pressioni sull'Egitto. Di Maio ha definito «agghiacciante» la ricostruzione della fine dello studente friulano. E punta anche a riportare a casa Patrick Zaky, dietro le sbarre al Cairo: «È un cittadino egiziano che ha studiato nelle nostre università, vogliamo permettergli di riabbracciare la famiglia».

Se la riunione di governo è durata ore i ministri saranno entrati nei dettagli dei rapporti con il Cairo scoprendo che la Ue proprio dalle linee di bilancio per il rispetto dei diritti umani ha stanziato, per gli ultimi due anni, 57 milioni di euro a favore dell'Egitto. Non per trovare la verità su Regeni, ma per «il sostegno all'istruzione per tutti» e pure per migliorare la «governance dell'amministrazione pubblica ed economica». L'aspetto paradossale è che il 9 novembre l'Agenzia allo sviluppo, che dipende dalla Farnesina, approvava due delibere per 1.700.000 di euro di interventi nel 2020 per «la cooperazione ambientale» e la «valorizzazione del ruolo delle donne nel sud dell'Egitto». Il 10 dicembre, lo stesso giorno della presentazione dell'«agghiacciante» atto d'accusa sulla morte di Regeni, l'Agenzia italiana per la cooperazione annunciava 3 milioni di euro di «sovvenzioni» a progetti di sviluppo in varie zone dell'Egitto.

Non solo: il ministro Guerini, nonostante il «raffreddamento» dei rapporti con le forze armate egiziane ha confermato che quest'anno ci sono stati 10 attività congiunte, scelte apposta in settori «non combat». Il Viminale ha ancora attivo, anche se doveva concludersi a fine 2019, un progetto che finanziamo con 2,1 milioni dei fondi Ue con l'accademia di polizia del Cairo sulla formazione di agenti di vari paesi africani. Uno degli accusati del caso Regeni è in forza alla polizia della capitale. Per ora è stato stanziato appena il 3% dell'importo, ma forse sarebbe uno dei progetti da cancellare definitivamente.

Prima di richiamare l'ambasciatore o darci al zappa sui piedi sulle commesse di armi e gli investimenti nel gas.

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