Gianpaolo Iacobini
Erano stati arrestati e condannati per terrorismo islamista. La Cassazione li ha scarcerati: il fatto non sussiste.
In Italia la lotta al jihad non è una cosa seria. Perché quando pure ti arrestano, poi ti assolvono. E allora vuol dire che qualcuno il suo lavoro lo fa male: chi indaga, oppure chi giudica. Ieri, ad esempio, gli ermellini hanno deciso: i quattro tunisini ed il palestinese che nell'aprile del 2013 erano stati fermati ad Andria dai Carabinieri del Ros sono innocenti.
Faez Elkhaldey, Ifaoui Nour, Khairredine Romdhane Ben Chedli, Chamari Hamdi, Hosni Hachemi Ben Hassem: la Dda barese li accusava di aver costituito una cellula terroristica nella cittadina alle porte di Bari. L'inchiesta aveva permesso di documentare come a partire dal 2008 gli (ex) imputati si fossero associati «per compiere atti di violenza con finalità di terrorismo secondo i dettami di un'organizzazione transnazionale, operante sulla base di un programma criminoso politico-militare caratterizzato da acceso antisemitismo e antioccidentalismo e dall'aspirazione alla preparazione ed esecuzione di azioni terroristiche anche contro civili». Intercettato mentre rideva del crollo delle chiese buttate giù all'Aquila dal terremoto del 2009, e quando discuteva di campi di addestramento militare da organizzare alle pendici dell'Etna, in primo grado il quintetto con lo sconto del rito abbreviato s'era beccato tra i 5 ed i 3 anni di carcere. Condanne leggermente ritoccate in appello. In Cassazione, invece, il rovesciamento di fronte. Per il solo Ben Hassem, l'imam della comitiva, il rinvio a nuovo giudizio d'appello, ma per la rideterminazione della pena legata al reato di istigazione all'odio razziale.
Insomma, le forze dell'ordine li mettono dentro, la magistratura li sbatte fuori. Non proprio un'eccezione. Ad aprile il gip del Tribunale di Trento aveva disposto l'archiviazione per 8 dei 17 presunti combattenti islamisti indiziati di aver complottato da Merano per il rovesciamento del governo del Kurdistan iracheno. E neppure un mese fa il gip del Tribunale di Bari aveva smontato le accuse mosse a 3 afghani: spiati dagli inquirenti, programmavano un viaggio verso terre lontane da conquistare alla causa islamica. In foto e video si facevano ritrarre mentre imbracciavano armi. Sullo sfondo, alcuni hotel di Londra, il Colosseo ed i Fori Imperiali. Non è bastato a tenerli al fresco. «L'attività di indagine ha spiegato il gip nella sua ordinanza tana libera tutti ha evidenziato l'appartenenza al mondo dell'integralismo islamico, non l'aspirazione a dare un concreto contributo al terrorismo islamico». Irrilevanti anche i selfie armati davanti a obiettivi sensibili: quasi comuni riprese di monumenti, «dal momento che i video estrapolati durano pochi secondi, insufficienti per uno studio dei luoghi da colpire, procedendo ad un'attenta e capillare pianificazione del bersaglio preso di mira».
E pensare che al macellaio jihadista di Nizza è bastato anche meno: un tir, un lungomare e tanti birilli vivi da abbattere.
Da noi lo avrebbero denunciato per omicidio colposo.
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