Cav crocifisso, la sindaca no

Cav crocifisso, la sindaca no

Di una conversazione non esistono registrazioni. Dell'altra l'audio è disponibile da giovedì sul sito dell'Espresso, onusto di decine di migliaia di clic. La prima è la chiamata che la sera del 27 maggio 2010 Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio, fece al capo di gabinetto della Questura di Milano, Piero Ostuni. La seconda è la conversazione del 30 ottobre scorso tra il sindaco di Roma Virginia Raggi e l'amministratore delegato dell'Ama, Lorenzo Bagnacani. Sono due conversazioni per alcuni aspetti simili: c'è un personaggio potente e c'è un suo sottoposto. Un sottoposto indiretto, nel caso di Berlusconi e Ostuni; uno diretto nel caso Raggi-Bagnacani, visto che il manager della monnezza romana è stato nominato proprio dal sindaco. A Ostuni, come è noto, Berlusconi segnala che la marocchina Kharima el Mahroug alias Ruby è stata fermata dalla polizia, e trattandosi (dice) di una parente del presidente egiziano Mubarak chiede e ottiene un occhio di riguardo. A Bagnacani, la Raggi chiede di modificare il bilancio della municipalizzata, trasformando alcuni crediti esigibili in inesigibili, per fare in modo che l'esercizio si chiuda con i conti in rosso. L'aspetto singolare che si coglie comparando le due vicende è il trattamento che ad esse è stato riservato dalla magistratura. Per la telefonata ad Ostuni, Berlusconi è stato accusato di concussione, processato, e condannato in primo grado, con una sentenza secondo cui «non ha esitato ad asservire la pubblica funzione ad un interesse del tutto privato»: e ci sono volute poi le sentenze di appello e di Cassazione perché l'accusa venisse fatta cadere. Per la conversazione con Bagnacani, fa sapere la Procura di Roma, Virginia Raggi non è nemmeno indagata. Si potrebbe obiettare: quello di Berlusconi e Ostuni fu un ordine se non un ricatto; quella della Raggi al manager un suggerimento, una richiesta. E invece è vero il contrario. Della conversazione del maggio 2010 non ci sono i nastri ma la testimonianza di Ostuni, ritenuto credibile in tutti i gradi di giudizio, esclude non solo la concussione ma anche qualunque forma di pressione da parte del premier («Aveva un tono normale, non fu un ordine ma una richiesta»). Mentre invece Bagnacani parla esplicitamente, nelle interviste rilasciate ieri, di «pressioni di un certo livello»: «Sono stato allontanato per non essermi piegato a delle richieste che reputavo assolutamente non conformi». O fai come dico io o te ne vai, era in sostanza la linea della Raggi.

L'oggetto della richiesta di Berlusconi a Ostuni, ovvero l'affidamento d Ruby alla Minetti, dice la sentenza d'appello, era «compatibile con le prassi in uso»; falsificare un bilancio, come pretendeva la Raggi, invece è roba da codice penale. Ma su una telefonata si è fatto un processo durato anni; sulla conversazione della sindaca non si indaga neanche. Succede.

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