Politica

Il "Cav" dietro le quinte capace di affascinare pure gli avversari

Il "Cav" dietro le quinte capace di affascinare pure gli avversari

I due erano chiaramente fatti per piacersi. Quando qualcuno scriverà la storia del rapporto tra Silvio Berlusconi e la stampa, un capitolo a parte toccherà al legame che scavallando gli schemi seppe realizzare con il Cavaliere il reporter che fu incaricato di seguirne le gesta per conto di Repubblica: ovvero del giornale che più di ogni altro aveva indicato nella discesa in campo nel 1993 del fondatore della Fininvest un pericolo micidiale per le istituzioni democratiche. A descrivere ai lettori di Repubblica il nemico che avanzava, Eugenio Scalfari scelse Vittorio Testa, già capo della cronaca milanese e poi inviato speciale. Un parmense non altissimo e dalla battuta micidiale. Ma a renderlo gradito agli occhi di Berlusconi, assediato in quei mesi da una pletora di giornalisti, fu soprattutto la grazia con cui Testa si districava nell'arduo compito di raccontare ai suoi prevenutissimi lettori anche gli aspetti convincenti della nascita di un nuovo leader. Andò a finire che l'inviato di Scalfari si trovò in una situazione quasi imbarazzante di privilegio. Come la volta che, mentre assediava da ore con un gruppone di colleghi la villa in Sardegna, Berlusconi gli offrì di mandare un auto a prenderlo: e Testa dovette declinare, per non scatenarsi addosso l'odio degli altri reporter.

Ora che è in pensione, Testa ha raccolto in un libro intitolato semplicemente «B», edito da Diabasis, i suoi anni accanto all'uomo Berlusconi. Non è un panegirico. Di Berlusconi l'inviato di Repubblica vede in quegli anni pregi e difetti, racconta gli uni e gli altri. Ma è innegabile che i primi superino per distacco i secondi. Non a caso le cronache di Testa finirono dopo un po' sotto processo all'interno di Repubblica: troppo indulgenti, non abbastanza schierate contro il «Caimano». Nei corridoi del quotidiano romano, Testa venne accusato di essersi fatto sedurre dal Grande Seduttore. E alla fine dovette lasciare.

In «B» il lettore di oggi troverà centonovanta pagine sul mai visto Berlusconi dietro le quinte. Perché dietro le quinte Testa c'era davvero. Sono pagine che trasudano simpatia e probabilmente affetto verso il Cav. D'altronde come non volere bene a un leader politico che quando il cronista «avversario» finisce in ospedale a Milano per un guaio che potrebbe mandarlo al Creatore non solo gli telefona tutti i giorni ma telefona anche ai medici «e consiglia fermamente al chirurgo di procedere in laparoscopia evitando il bisturi devastante»? A quel punto diventano perdonabili anche i tiri dolorosi, come quella volta che Testa viene inviato da Scalfari in una costosa trasferta alle Bermude dopo che Berlusconi ha promesso una intervista: e nell'isola sull'Atlantico viene ricevuto, coccolato, portato a spasso in motoscafo dal Cavaliere. Ma l'intervista non arriva, neanche nel tragicomico viaggio di ritorno sull'aereo privato del premier, con Testa distrutto dal risotto e da Michael Collins, che viene svegliato da Berlusconi in piena notte: «Ma dorme ancora? Non dorma, il sonno è uguale alla morte. Peccato che non si possa smaltirla in anticipo a rate di sonno». Niente intervista, ma Testa non riesce ad arrabbiarsi.

«Ho la presunzione - scrive oggi - di avere conosciuto bene e in profondità questo vitalissimo uomo di intelligenza fulminea, narciso e tracimante di una autostima eccezionale, permaloso come un bambino, compagnone da festa spensierata, facile a commuoversi, convinto del suo fascino, generoso con gli amici e perfido con i nemici».

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