
«Turetta modello». «Capisco Turetta». Sono commenti «da spogliatoio» quelli scritti sui social, battute stupide di una generazione che, nelle bacheche on line, prende alla leggera tutto, commenta senza capire. Ma non possono passare sotto silenzio. Soprattutto perché non sono scritti solo da leoni da tastiera del tutto inconsapevoli ma da ragazzi che in qualche modo hanno normalizzato le violenze contro la fidanzata.
Il primo a voler vedere in faccia i fans di Filippo Turetta è Gino Cecchettin, papà di Giulia, uccisa brutalmente con 75 coltellate. Vuole capire. «Come può l'assassino di una ragazza essere un modello per qualcuno? Come può essere d'ispirazione un giovane che passerà il resto della sua vita in carcere?».
Eppure. Era stato per primo un 20enne ferrarese a scrivere la sua ammirazione per Filippo, dopo essere stato lasciato dalla fidanzata per minacce e maltrattamenti. «Cose da comprare: mappa d'Italia, scotch, sacchi dell'immondizia, coltelli, soldi per la benzina. Turetta esempio modello» aveva scritto in un post tre settimane fa. Coincidenza ha voluto che ieri, mentre Cecchettin parlava a Milano della prevenzione della violenza di genere, il «tifoso» del killer di sua figlia sia stato fermato dai Carabinieri, in Veneto, mentre in treno cercava di raggiungere l'ex fidanzata che l'aveva denunciato per maltrattamenti. Addosso gli investigatori gli hanno trovato le forbici con cui aveva terrorizzato l'ultima volta la ragazza. Ma il 20enne ferrarese non era rimasto l'unico: anche un giovane arrestato a Busto Arsizio, in provincia di Varese, aveva scritto a sua volta sui social «Capisco Turetta». E si era pure preso parecchi like.
«Vorrei veramente un confronto con loro - ha detto Cecchettin - È proprio a loro che dovremmo parlare perché chi esalta la violenza forse ha più bisogno di altri di capire che c'è un modo nuovo di parlare. Vorrei che questi giovani - ha proseguito - passassero una settimana della vita di Turetta oggi». Filippo, 23 anni, sta scontando da dicembre 2024 l'ergastolo nel carcere di Verona. «Mi fanno molta pena. Che modello può essere una persona che deve passare la vita in carcere?» ha chiesto papà Gino rivolgendosi ai ragazzi che lo ascoltavano. «Vorrei far provare a quel giovane che ha scritto questo una settimana della vita di Turetta oggi, una settimana della frustrazione che Filippo probabilmente ha vissuto quando non è riuscito a gestire quell'emozione. Forse - ha osservato - dopo cambierebbe idea. Anche da un punto di vista razionale, non c'è niente da imitare».
Detto questo, Cecchettin si dice ancora lontano dal perdono. La strada per arrivare a quel momento, se mai ci sarà, è ancora lunga. Troppo grande e recente la ferita che ha subìto la sua vita. Ad aggiungere dolore su dolore era stata, da parte della Corte d'Assise d Venezia, l'esclusione delle aggravanti per il reo confesso, la crudeltà e lo stalking: «Se non ci sono con centinaia di messaggi al giorno e 75 coltellate, non so allora cosa siano le aggravanti» aveva commentato. Un perdono, insomma, che risulta difficile anche solo da pensare.
Più avanti chissà: parlando di giustizia riparativa, Cecchettin insiste sulla necessità di un percorso suo e di Turetta. Un percorso intimo, profondo ma anche sociale. «Dobbiamo decostruire i comportamenti che portano ad essere sessisti, maschilisti, le battutine da spogliatoio, e lo dobbiamo fare tutti i giorni nella vita».
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