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Cei: "Se si sbagliano i conti non c'è una banca di riserva che si salverà"

Il presidente della Cei descrive l'Italia come un "Paese sospeso caratterizzato dalla mancanza di investimenti e di politiche di ampio respiro", dove "gli effetti della crisi economica continuano a farsi sentire in maniera pesante, aumentando l’incertezza e la precarietà, l’infelicità e il rancore sociale"

Cei: "Se si sbagliano i conti non c'è una banca di riserva che si salverà"

Il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, nel suo intervento in apertura dell'Assemblea generale lancia un allarme rivolto al mondo della politica: "Se si sbagliano i conti non c'è una banca di riserva che ci salverà: i danni contribuiscono a far defluire i nostri capitali verso altri Paesi e colpiscono ancora una volta e soprattutto le famiglie, i piccoli risparmiatori e chi fa impresa".

Bassetti si sofferma anche sul tema migranti. Nel suo intervento ha dato voce, inoltre, alle "attese" profonde del Paese: "Sono le attese frustrate - ha sottolineato il cardinale - rispetto al lavoro, per cui molti giovani, per poter immaginare un futuro, si ritrovano costretti ad andarsene dalla nostra terra. Sono le attese delle famiglie ferite negli affetti, che soffrono nel silenzio delle solitudini urbane e nell’avvizzimento dei sentimenti. Sono le attese degli anziani, che non si sentono più utili a nessuno, privi di quella considerazione di cui avrebbero, o, meglio, avremmo tutti, tanto bisogno. Sono le attese di una scuola qualificata, che sia frontiera e laboratorio educativo da cui non possono essere esclusi i nuovi italiani, per i quali torniamo a chiedere un ripensamento della legge di cittadinanza. Sono le attese di una sanità puntuale, attenta e accessibile a tutti. Sono le attese di una giustizia che, rispetto al malaffare e alla criminalità organizzata, continui a perseguire un uso sociale dei beni recuperati alla legalità. Sono le attese di un uso del potere, che sia davvero corretto e trasparente".

"Un'Italia sospesa e infelice"

Il presidente della Cei vede un "Paese sospeso caratterizzato dalla mancanza di investimenti e di politiche di ampio respiro", dove "gli effetti della crisi economica continuano a farsi sentire in maniera pesante, aumentando l’incertezza e la precarietà, l’infelicità e il rancore sociale". Un paese, dunque, che soffre e fatica. A preoccupare i vescovi italiani c'è la constatazione che "al posto della moderazione si fa strada la polarizzazione, l’idea che si è arrivati a un punto in cui tutti debbano schierarsi per l’uno o per l’altro, comunque contro qualcuno. Ne è segno un linguaggio imbarbarito e arrogante, che non tiene conto delle conseguenze che le parole possono avere".

Po Bassetti lancia un monito molto forte: "Stiamo attenti a non soffiare sul fuoco delle divisioni e delle paure collettive, che trovano nel migrante il capro espiatorio e nella chiusura un’improbabile quanto ingiusta scorciatoia". "La risposta a quanto stiamo vivendo passa dalla promozione della dignità di ogni persona, dal rispetto delle leggi esistenti, da un indispensabile recupero degli spazi della solidarietà", ha osservato il cardinale, chiarendo il suo aut-aut: "Stiamo attenti, dicevo: se l’Italia rinnega la sua storia e soprattutto i suoi valori civili e democratici, non c’è un’Italia di riserva. Se si sbagliano i conti non c’è una banca di riserva che ci salverà: i danni contribuiscono a far defluire i nostri capitali verso altri Paesi e colpiscono ancora una volta e soprattutto le famiglie, i piccoli risparmiatori e chi fa impresa".

Analogamente, ha spiegato Bassetti, "se l’Unione Europea ha a cuore soltanto la stabilità finanziaria, disinteressandosi di quella sociale e delle motivazioni che soggiacciono ai vincoli europei; se perde il gusto della cittadinanza comune e del metodo politico della cooperazione, non c’è poi un’Europa di riserva e rischiamo di ritornare a tempi in cui i nazionalismi erano il motore dei conflitti e del colonialismo".

"Questo - ha sottolineato - nonostante le opportune celebrazioni di questi giorni per il centenario della fine della Grande Guerra".

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