Cronache

Cellulari, Facebook e droga: la bella vita dei baby detenuti

Carceri minorili fuori controllo. I giovani boss si fanno foto dietro le sbarre, e hanno hashish e antenne wi-fi

Cellulari, Facebook e droga: la bella vita dei baby detenuti

C ocaina e hashish in galera. E anche cellulari, con cui chattare e scattare selfie da pubblicare su Facebook, coltelli, rasoi e addirittura antenne wi-fi. I posti più pericolosi della Campania oggi sono le carceri minorili di Airola (Benevento) e Nisida (Napoli) dove sono detenuti i baby boss che stanno mettendo a ferro e fuoco il centro storico del capoluogo, quelli che tra Forcella e il rione Sanità sono tristemente conosciuti come la «paranza dei bambini».

I sindacati della polizia penitenziaria, da mesi, chiedono inutilmente il potenziamento degli organici in entrambi gli istituti e una riorganizzazione del sistema di controllo che appare sempre più carente. L'ultimo episodio ha visto come vittima innocente un agente di custodia picchiato da un gruppo di ragazzi, a Nisida, mentre ispezionava il reparto «Girasole». Lo stesso in cui, appena ventiquattr'ore prima, erano state sequestrate alcune dosi di stupefacenti. Il malcapitato è stato tramortito con un colpo alla testa, preso in ostaggio dai giovanissimi criminali e trascinato in una stanza per essere sottoposto a un brutale pestaggio. Messo fuori gioco, i delinquenti gli hanno rubato le chiavi per aprire le celle degli altri compagni e attuare denuncia il segretario del Sappe, Donato Capece «una evasione di massa». Solo il pronto intervento dei colleghi del poliziotto ha impedito il successo della rivolta. Roba da penitenziari sudamericani. Sempre secondo Capece, «a giudicare lo scenario attuale dell'utenza a Nisida, con raggruppamenti di più soggetti legati a diversi clan, di aree territoriali diverse, il rischio di una pericolosa miscela esplosiva, non è affatto scongiurabile».

Ad Airola addirittura gli ospiti dello Stato avevano creato una pagina Facebook «Airola live» per la pubblicazione delle foto scattate dietro le sbarre. Immagini di sfida all'autorità giudiziaria che, secondo gli investigatori, servivano a «confermare e rafforzare la posizione di baby boss dell'hinterland napoletano» e a lanciare messaggi ai complici ancora rimasti in libertà. A cadenza settimanale, il nucleo investigativo della penitenziaria esegue approfondite perquisizioni nell'edificio in provincia di Benevento perché, approfittando dei colloqui coi genitori e i parenti, nascosti tra indumenti e ricambi, i baby criminali si fanno passare ogni tipo di oggetti vietati. In un piccolo ricovero, ricavato nei bagni della struttura, sono stati trovati dalla polizia una scheda dati da utilizzare in uno smartphone per la connessione internet, e tre antenne per la captazione di un segnale wifi. «Dai preliminari accertamenti eseguiti dagli informatici del Nic è stato rilevato che le connessioni wifi sono avvenute grazie ad una serie di hot spot gratuiti e privi di password, tra i quali anche il wifi free in uso nel Comune di Airola», spiega il procuratore di Benevento Aldo Policastro. Cinque ragazzini sono stati indagati per ricettazione, ma i magistrati puntano alla rete di connivenze che opera all'esterno delle mura.

Quelli che, grazie alle chat e ai whatsapp attivati di notte dai baby boss, ricevono e impartiscono ordini per proseguire la folle strategia di attacco e di terrore nei vicoli della vecchia (e malandata) Napoli.

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