Politica estera

Censurato l'abbraccio delle atlete cinesi. L'ossessione di Pechino per Tienanmen

I numeri di gara ricordano la data del massacro: sui social scatta la repressione

Censurato l'abbraccio delle atlete cinesi. L'ossessione di Pechino per Tienanmen

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Ogni democrazia è diversa dall'altra. Tutte le autocrazie si assomigliano, fatte come sono dello stesso silenzio, di identico conformismo e identica paura. In Cina due atlete affrontano i 100 metri a ostacoli, in occasione dei Giochi asiatici che si svolgono a Hangzhou. Lin Yuwei vince, la sua rivale Wu Yanni è seconda, anche se poi sarà squalificata per una falsa partenza. Un fotografo fissa l'immagine del loro abbraccio subito dopo il traguardo; in evidenza finiscono i numeri di gara, che nella foto sono ravvicinati fin quasi a toccarsi: il 6 e il 4.

Qualcuno mette in Rete lo scatto. Ma su Weibo, uno dei social più diffusi, 600 milioni di utilizzatori, le cifre scompaiono, sostituite da due macchie grigie. Opera di qualcuno dei mille «supervisori» che hanno l'incarico di controllare e moderare, in sostanza censurare, i post e le conversazioni degli utenti. Perchè 6/4 in Cina non è una combinazione di numeri come le altre: è il 4 giugno (all'americana giorno e mese sono invertiti) di un anno preciso, il 1989. È la data della rivolta di Piazza Tienanmen, quando l'esercito cinese, con reparti d'assalto e carri armati, apre il fuoco contro i dimostranti che chiedono la democrazia. I morti sono centinaia, forse molte migliaia.

È storia, ma ricordarlo, anche solo alludere all'avvenimento, è in Cina una specie di tabù. Nelle autocrazie, lo diceva già Orwell in «1984», la storia si ferma, sparisce e al suo posto resta solo un eterno oggi in cui il potere ha sempre ragione. E quando lo stesso potere si volta verso il passato è solo per procurarsi gli strumenti più adatti per controllare meglio il presente.

A volte, come nel caso delle due atlete, la legge ferrea delle dittature, ha effetti grotteschi. Ma la censura, la repressione sono per definizione cieche. Nei primi giorni del conflitto ucraino i dimostranti sfilavano in Russia scrivendo sui cartelli «net voiné», no alla guerra. Vennero arrestati tutti. Poi iniziarono a scrivere solo due numeri: 3 e 5, il numero di lettere dello slogan. Anche questi finirono in galera. Alla fine un dimostrante decise di sfilare, da solo, con un manifesto bianco.

Nemmeno lui riuscì a sfuggire alla polizia.

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